50 OPERE PER L’AUTORITRATTO DI LUCIO FONTANA

Artista leggendario, Lucio Fontana (Rosario di Santa Fe, 1899 – Comabbio, 1968) è tra i pionieri e maestri indiscussi dell’arte del XX secolo. Sperimentatore totale. Carismatico, radicale e dirompente è stato una figura centrale del rinnovamento dell’arte italiana del dopoguerra. Un punto costante di riferimento per gli artisti delle generazioni successive.

Tutto di lui si sa ma, secondo Giancarlo Forestieri Presidente della Fondazione Magnani-Rocca, con la mostra Lucio Fontana. Autoritratto la Fondazione offre un nuovo e fondamentale capitolo per l’approfondimento del lavoro di questo Maestro assoluto dello Spazialismo e dell’arte del secolo scorso.

Mostra Lucio Fontana. Autoritratto.
Concetto spaziale, 1951
Lucio Fontana: Concetto spaziale, 1951, olio, sabbia e buchi su tela, 60 x 59 cm Milano,
Fondazione Lucio Fontana. © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2022

AUTORITRATTO

La mostra Lucio Fontana. Autoritratto si tiene alla Villa dei Capolavori, sede della Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo presso Parma, dal 12 marzo al 3 luglio 2022. Il bel catalogo che l’accompagna, edito da Silvana Editoriale, è curato, come la mostra, da Walter Guadagnini, Gaspare Luigi Marcone, Stefano Roffi.

La mostra segue il filo narrativo dell’intervista che Fontana rilasciò poco prima di morire a Carla Lonzi (Firenze 1931 – Milano 1982). La quale, storica dell’arte e allieva del grande Roberto Longhi, ha rivoluzionato l’idea della critica militante. Lonzi inserì poi l’intervista nel suo celebre volume Autoritratto, edito da De Donato, Bari, nel 1969. Nel libro compaiono interviste fatte anche ad altri grandi artisti dell’epoca: Accardi, Alviani, Castellani, Consagra, Fabro, Kounellis, Nigro, Paolini, Pascali, Rotella, Scarpitta, Turcato e Twombly.

La peculiarità di questo progetto espositivo consiste nell’aver recuperato il file audio integrale della conversazione originale. La voce di Fontana parla del suo lavoro, della sua vita d’artista, della sua attività di collezionista ma anche di esperienze e avventure quotidiane. Le sue parole sono pertanto utilizzate come installazione sonora e accompagnano il visitatore lungo tutto il percorso della mostra.

Lucio Fontana. Autoritratto. Le Nature bronzee
Allestimento mostra con le Nature bronzee in primo piano © Sandro Lucentini

PERCORSO CREATIVO RIVOLUZIONARIO

Il percorso espositivo è antologico e propone lavori che rappresentano le tappe più importanti e distintive della ricerca fontaniana. Dalle opere figurative alle astrazioni che sovvertono l’idea tradizionale del quadro. Un itinerario nel pensiero e nella pratica di un artista che riteneva che l’arte dovesse essere vissuta attraverso una nuova dimensione. Al cui interno rientravano anche materiali diversi e le nuove tecnologie.

Con circa cinquanta opere dei vari periodi in esposizione si può,  Giancarlo Forestieri Presidente della Fondazione Magnani-Rocca scrive nel catalogo, osservare: 

“Il percorso creativo di un tale rivoluzionario, che mutò il linguaggio dell’opera d’arte sovvertendo schemi rappresentativi che parevano immutabili”. 

E si può avere una panoramica esaustiva dei diversi materiali e delle tecniche innovative sperimentate dal Maestro. Dalle sculture degli anni Trenta in terracotta, gesso, cemento armato, legno, ceramica e metallo. Ai “Concetti spaziali” dagli anni Quaranta ai Sessanta. 

Non si tratta solo di buchi e tagli ma anche di lacerazioni, squarci, graffiti, incisioni. E poi olio, pastelli, idropittura, lacca, lustrini, sabbia e vetri. Il tutto su tela, carta telata, terracotta colorata, latta, rame e metallo. A questi vanno aggiunti un esemplare dei “Teatrini”, ciclo prodotto dal 1964 al 1966 in cui si combinano elementi pittorici e scultorei, e le quattro sfere bronzee con spaccature denominate “Nature”.

Lucio Fontana. Autoritratto. Concetto spaziale. Attese. 1961
Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese, 1961, idropittura su tela 100 x 84 cm.

CONCETTI SPAZIALI: I BUCHI

In Concetto spaziale del 1951, buchi, olio e sabbia su tela di medie dimensioni, sono riassunte le due tendenze teoriche pertinenti a quel determinato momento della ricerca artistica di Fontana. Da una parte lo spazialismo inteso come esplorazione di una dimensione che vada oltre la bidimensionalità. Dall’altra l’interesse dell’artista verso lo spazio inteso come cosmo. E’ lo stesso Fontana a spiegare il concetto nell’intervista a Carla Lonzi:

“La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l’infinito, allora buco questa tela, che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione infinita, un per che, per me, è la base di tutta l’arte contemporanea” 

Da un punto di vista formale, nel quadro si vede la rappresentazione di una nebulosa circolare. Esprime un movimento centrifugo (o centripeto) e cosmico (o cosmologico) che tuttavia rimanda alla insondabilità del firmamento.  A questo proposito Franco Magnani, Presidente della Fondazione Cariparma, nel catalogo sottolinea come:

“Il motivo ispiratore della sua opera è frutto importante della considerazione delle conquiste scientifiche del suo tempo, che è poi anche il nostro tempo”

Lucio Fontana. Autoritratto. Fotografie di Ugo Mulas.
Allestimento mostra con la serie L’attesa di Ugo Mulas © Sandro Lucentini

CONCETTI SPAZIALI: I TAGLI

Concetto spaziale, Attese, idropittura su tela del 1961, è un superbo esempio dei celebri tagli su sfondo monocromo. Quattro curve sublimi di varia lunghezza, di cui tre orientate a sinistra. Quasi una danza, si rincorrono eleganti sulla superfice  bianao a sondare l’abisso che le attende oltre le fenditure.

In mostra sono esposte anche due serie di immagini scattate dal famoso fotografo Ugo Mulas a Fontana. Suscitano un’emozione particolare perché concorrono alla comprensione del processo e dell’atto creativo nonché della capacità realizzativa del Maestro. La prima serie, composta da cinque stampe, documenta l’intera genesi – dal primo “buco” all’opera compiuta – del quadro Concetto spaziale. Il sole eseguita nel 1962. Come scrive Walter Guadagnini nel suo bel saggio in catalogo:

Un unicum, sia nella storia del fotografo che in quella dell’artista, che evidenzia l’aspetto della fisicità dell’opera di Fontana”.

La seconda sequenza di cinque stampe fotografiche, divenuta ormai un classico della fotografia d’arte internazionale, ritrae il Maestro al lavoro sull’opera Concetto spaziale. L’attesa del 1964. Che è una delle opere in mostra scelta per comparire sul manifesto, pieghevole e catalogo della mostra. Quell’unico taglio verticale, eseguito dall’alto verso il basso in grande concentrazione. Come in un rito sacro l’artista, dopo attenta riflessione, squarcia il velo che lo separa dall’aldilà. Un altrove spaziale, certo, ma dotato al contempo di una profonda valenza spirituale.

Lucio Fontana. Autoritratto. Concetto spaziale. New York 10. 1962
Lucio Fontana, Concetto spaziale, New York 10, 1962, lacerazioni e graffiti su rame, 234 x 94 cm
(ogni pannello) Milano, Fondazione Lucio Fontana. © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2022

RIFLESSI DI LUCE

L’enorme opera New York 10, del 1962, è spettacolare. Formata da pannelli di rame con lacerazioni e graffiti, accentra l’attenzione su di sé perché si pone in dialogo con la luce, l’ambiente circostante e i visitatori. Davvero un’opera “creatrice d’atmosfera”. Senza dubbio, come suggerisce il titolo, evoca la sfavillante modernità della metropoli americana. Ma non solo.

Intanto il metallo funge da specchio. Riflette la luce e per il processo di rifrazione la luce si scompone nei vari colori dello spettro. Quindi lo spettatore, oltre a vedere il riflesso della luce e quello suo sulla superficie dell’opera, ci vede tutti i colori dell’arcobaleno. Per di più si vede il sotto, cioè quello che c’è dietro la lacerazione del metallo, ovvero la parete. Questa, a sua volta, riflettendo la luce che viene da fuori dà luogo all’effetto scintillio. 

Lucio Fontana. Autoritratto. Concetto spaziale. La fine di Dio, 1963
Lucio Fontana, Concetto spaziale, La fine di Dio, 1963, olio, squarci, buchi, graffiti e lustrini su tela, 178 x 123 cm Milano, Fondazione Lucio Fontana. © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2022

Lo stesso effetto luminoso si ritrova nella potentissima tela La fine di Dio, 1963. Grande opera di forma ovale realizzata a olio, con graffiti, squarci e buchi più grandi del solito e lustrini rosso scuro. Emblematica della concezione spazialista e insieme spirituale dell’artista.

Sotto la luce sparata dai riflettori, i fori della tela allora producono un effetto merletto dato che permettono di vedere meglio quello che c’è dietro. Vale a dire che il riflesso della luce che viene da fuori forma delle ombre sulla parete e poi ancora ombre sulle ombre. La luce che brilla crea un reticolo straordinario. L’opera d’arte stessa con un gioco di luci e ombre interagisce con il mondo esterno.

Lucio Fontana. Autoritratto. Allestimento mostra-
Allestimento mostra

CONCETTI D’ARTE

Il percorso si chiude con opere provenienti dalla collezione personale di Fontana. Sono di artisti più giovani da lui seguiti e promossi. Enrico Baj, Alberto Burri, Enrico Castellani, Luciano Fabro, Piero Manzoni, Giulio Paolini, Paolo Scheggi.  

Largo ai giovani quindi, suoi degnissimi eredi perché in fondo Lucio Fontana del suo lavoro diceva:

“Il buco è l’inizio di una scultura nello spazio. I miei non sono quadri, sono concetti d’arte.”

Pubblicato da Anna Amendolagine

Curatore indipendente, saggista e giornalista vive e lavora tra Roma e Rimini. La sua attività curatoriale inizia a partire dal 2003 e comprende l’ideazione e la realizzazione di mostre, testi e cataloghi d’arte, rassegne ed eventi culturali in collaborazione con Istituzioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. E stata membro della giuria o del Comitato Scientifico di diversi concorsi artistici. Giornalista pubblicista e Addetto ufficio stampa ha scritto numerosi articoli su arte e cultura per riviste cartacee e online. Ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Tecnico Europeo per due importanti progetti culturali dell’Unione Europea PETRA e LEONARDO dal 1993 al 1998.