L’atmosfera doveva essere particolarmente frizzante a Vienna tra la fine dell’800 e gli inizi del secolo scorso. Un periodo fecondo di fermenti e di cambiamenti sia in campo letterario che artistico. I protagonisti del momento si incontrano nei caffé. Come gli scrittori, del calibro di Stefan Zweig, Hugo von Hofmannsthal, Georg Trakl, Arthur Schnitzler, Franz Werfel e Robert Musil. In ambito musicale Gustav Mahler diventa direttore dell’Opera di Corte mentre Arnold Schönberg e Alban Berg sperimentano sentieri fino allora sconosciuti. Nel frattempo, Sigmund Freud fa la scoperta dell’inconscio.
In questo esaltante panorama culturale spicca, col suo stile personale inconfondibile e unico, il pittore Gustav Klimt (1862-1918). La sua figura è legata alla Secessione di Vienna, di cui viene nominato primo Presidente. Si tratta del movimento artistico, fondato nel 1897, con lo scopo di rompere con la tradizione e rinnovare l’arte per adeguarsi ai più consoni modelli della vita contemporanea.
DI UNO SPLENDORE INAUDITO
Il padre, Ernst Klimt, era incisore d’oro e il giovane Gustav si forma presso la scuola di arti e mestieri di Vienna, specializzandosi poi nell’esecuzione di dipinti su pareti e soffitti. Tuttavia, a partire dai primi anni del 1890, dagli ambienti borghesi gli vengono commissionati sempre più ritratti che lui esegue con una tecnica realistica brillante e dettagliata.
A partire dal 1899 e fino al 1903 Gustav Klimt effettua una serie di viaggi in Italia. Grazie alle cartoline autografe che invia quasi ogni giorno alla moglie a Vienna, siamo informati sulle tappe del viaggio. Si reca in alcune città del Nord, tra cui Padova, Trieste, Venezia e Ravenna dove ha modo di visitare i mosaici che suscitano in lui grande entusiasmo. Infatti li trova “di uno splendore inaudito”.
Seguono Roma, Firenze, Pisa, La Spezia, Verona e infine il Lago di Garda, cui si ispirano alcuni suoi paesaggi. D’ora in avanti il tema del paesaggio sarà una costante nella sua pittura accanto ai ritratti e alle allegorie. Dal punto di vista estetico i paesaggi di Klimt sono raffinati e idealizzanti, luoghi dove creare un mondo paradisiaco e senza nuvole.
LA SECESSIONE E L’ITALIA
A distanza di 110 anni dall’Esposizione Internazionale dʼArte del 1911 a Roma dove fu premiato, Gustav Klimt è tornato in Italia. Questa volta il Maestro viennese è venuto per accompagnare un evento espositivo eccezionale. La mostra a lui intitolata Klimt. La Secessione e l’Italia, che ne celebra la vita e l’arte, presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi dal 27 ottobre 2021 al 27 marzo 2022.
Con oltre 200 opere tra dipinti, disegni, sculture e manifesti d’epoca del pittore e degli artisti della sua cerchia, la mostra illustra le varie fasi dell’intero percorso artistico di Gustav Klimt. Dal suo ruolo di cofondatore della Secessione viennese al suo rapporto con l’Italia, attraverso i suoi viaggi e i suoi successi espositivi.
L’esposizione, a cura di Franz Smola, Maria Vittoria Marini Clarelli e Sandra Tretter, si articola in 14 sezioni. Sono inclusi lavori firmati dagli artisti: Josef Hoffmann, Koloman Moser, Carl Moll, Johann Victor Krämer, Josef Maria Auchentaller, Wilhelm List, Franz von Matsch e molti altri.
Tutti prestiti eccezionali provenienti dal Museo Belvedere di Vienna, dalla Klimt Foundation e da collezioni pubbliche e private come la Neue Galerie Graz. L’allestimento è sobrio ed elegante proprio come si conviene a un grande Maestro del ‘900, le cui opere esposte sono circa una cinquantina.
RITRATTI FEMMINILI
Klimt dimostra una certa maestria nella ritrattistica femminile, in gran voga all’epoca. Anche numerosi membri della Secessione si cimentano in questo genere dove il Maestro però vanta una grande varietà di esecuzione. Ogni ritratto è diverso dall’altro perché ogni persona che lui raffigura gli offre spunti di ispirazione e composizione diversi.
Ecco allora che lungo le pareti sfilano iconiche le signore viennesi di Klimt. Il quale passa dalla tecnica quasi fotorealistica dei primi ritratti del 1894 a quella impressionistica dello sfumato. Tecnica che si coglie bene nel ritratto di donna su sfondo rosso, di piccolo formato, eseguito alla fine dello stesso decennio.
Un discorso a parte merita la famosissima Giuditta I del 1901, uno dei dipinti più noti in cui il pittore esalta il fascino dell’erotismo femminile. Klimt riprende la storia di Giuditta e Oloferne dalla tradizione biblica per due volte. In questa versione la leggendaria protagonista, che attua il suo piano omicida basato sul raggiro e sulla seduzione, è rappresentata come una donna ricca e provocante.
UN’OPERA CON LO STATUS DI ICONA
Il volto è truccato, la bocca semiaperta, gli occhi socchiusi e una folta capigliatura scura contrasta con il biancore della pelle. Una veste trasparente con decorazioni dorate lascia intravedere la nudità del corpo candido. Un gioiello d’oro in stile liberty intorno al collo e l’oro compare ancora nel paesaggio stilizzato sullo sfondo. La cornice dorata non fa che aggiungere luce e presenza al dipinto, di cui è parte integrante. Questo tripudio d’oro in cui sitrova immersa Giuditta è ripreso dai mosaici bizantini. Il quadro appartiene al cosiddetto ‘periodo aureo’ di Klimt durante il quale il suo tratto stilistico viene identificato dalla foglia d’oro.
La donna è un esempio del tipo contemplato nelle arti visive e nella letteratura intorno al 1900: la femme fatale, dalla quale sensualità e pericolo si diffondono in egual misura. Del resto il rapporto tra i sessi, era un tema molto discusso nella Vienna agli inizi del XX secolo. E negli anni tra il 1900 e il 1910, Klimt incarna perfettamente il ruolo dell’artista dello scandalo che per primo osa esibire in maniera sfacciata l’erotismo femminile nei suoi dipinti.
CAPOLAVORI RITROVATI O INCOMPLETI
Quivi esposto è anche il quadro Le amiche del 1907. Nel quale due attraenti ed eleganti signore vestono di scuro con mantelli e cappelli invernali che ne lasciano scoperti solo i diafani volti. E’ con questa opera che Gustav Klimt partecipa per la seconda volta, con una sala personale, alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del 1910.
Ha una storia enigmatica e piena di colpi di scena il capolavoro ritrovato Ritratto di Signora, databile tra il 1916 e il 1917. Trafugato dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 è stato recuperato nel 2019. Il dipinto appartiene all’ultima fase di attività dell’artista e presenta una pittura meno preziosa e sorvegliata. Le pennellate veloci risentono delle atmosfere espressioniste, rivelando un approccio decisamente più emozionale.
La sposa (1917-18), è un’opera di grande formato che fa parte di quel gruppo di dipinti – assieme alla Signora in bianco e a Amalie Zuckerkandl – che Klimt ha ancora in lavorazione al momento della sua morte. E’ pertanto un quadro incompleto il cui tema è l’amore e il desiderio sensuale. Si caratterizza per alcune parti che presentano forti contrasti di colore, mentre altre mostrano ancora uno schema di colori approssimativo. La sposa, avvolta in una veste blu, è beatamente addormentata accanto alla testa del suo uomo. La sua figura, che occupa il centro della tela, viene seminascosta dai corpi di altre donne. In parte nude, in parte vestite, sembrano fluttuare tutt’intorno a lei.
LE ALLEGORIE DELLE FACOLTA’
Due sezioni dell’esposizione sono dedicate alla Secessione viennese, che tra i suoi membri annovera anche architetti e designer oltre ai pittori, e alla produzione di oggetti di design nel suo contesto. Gli artisti del gruppo non perseguono un linguaggio artistico uniforme. Alcuni sono impegnati nell’arte realistica e naturale, mentre altri si orientano di più verso l’Art Nouveau, come Klimt. Con manifesti dalla grafica innovativa si pubblicizzano le numerose mostre allestite dal 1897al 1905.
Galileo Chini, Giovanni Prini, Enrico Lionne, Camillo Innocenti, Arturo Noci, Ercole Drei, Vittorio Zecchin e Felice Casorati. Sono gli artisti italiani del tempo che più risentono dell’influenza del Maestro viennese. Ne recepiscono la portata innovativa del linguaggio che declinano ciascuno a secondo della propria sensibilità. Per questo è di particolare interesse osservare a Palazzo Braschi le loro opere messe a confronto con quelle di Klimt.
Inoltre, nell’ambito della mostra viene presentato al pubblico, per la prima volta, il risultato di un progetto di ricerca digitale su Gustav Klimt realizzato da Google Arts & Culture. Nel 1894 Gustav Klimt dipinge per l’Aula Magna dell’Università di Vienna tre quadri monumentali. Sono le allegorie delle Facoltà di Filosofia, Medicina e Giurisprudenza. Ma nella rappresentazione di queste discipline accademiche Klimt tratta l’erotismo e la sessualità femminile in un modo troppo azzardato per il periodo.
Difatti i quadri vengono rifiutati e quindi l’artista deve rinunciare all’incarico. Durante la Seconda Guerra Mondiale tutti e tre i dipinti sono stati distrutti, ma di loro sono rimaste delle fotografie in bianco e nero. Adesso, grazie alle più recenti tecnologie informatiche, il progetto è riuscito a ricreare la figura di Igea nella metà inferiore di Medicina con il colore originale.
DAL SIMBOLISMO ALL’ESPRESSIONISMO
L’ arte di Gustav Klimt attinge dal simbolismo per evolversi nel tempo fino ad arrivare all’espressionismo. Ancor oggi i colori smaglianti, la sinuosità delle linee e l’esuberanza dei motivi decorativi dell’ opera di Gustav Klimt destano grande ammirazione.
In fondo l’impressione complessiva che si ha deve essere la stessa suscitata a Roma nel 1911 nel corso dell’Esposizione Internazionale di Belle Arti. Con parole che tradiscono una sottile seduzione fu così poeticamente sintetizzata da Emilio Cecchi:
“Perché veramente il segreto dell’arte di Klimt sta nel fascino delle colorazioni elementari, negli accordi spontanei, negli incontri immediati, come quelli dei colori dell’ali della farfalla o delle scaglie della pietra”.