PEPI MERISIO E LA MAGIA DEL GIOCO

Basta poco. Anche solo un palla, un cerchio, una botte, una corda, un gessetto e, con un pizzico di fantasia, il gioco è fatto!

 

Una volta, parliamo di una cinquantina di anni fa, si poteva giocare liberamente nelle piazze o per le strade di paesi e città ma ora, per tanti motivi, non si può più ed è vietato dalle autorità locali. Che nostalgia per quei tempi passati!

 

Pepi Merisio, Nel Rione Stella, Napoli, 1973
Stampa ai sali d’argento, vintage print. cm 30×40
© Pepi Merisio – Museo delle storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini

 

Per fortuna c’è chi ha fatto in tempo a fissare con la macchina fotografica i giochi di quel periodo felice e spensierato. Come, ad esempio, Pepi Merisio (Caravaggio 1931 – Bergamo 2021), uno dei grandi protagonisti della fotografia italiana del Novecento, il quale ha dichiarato:

 

In fotografia, decisivo non è l’attimo, ma lo sguardo di chi sa cogliere l’istante irripetibile di un momento, il dettaglio di ciò che appare. È sempre il fotografo che decide quando è il momento decisivo”.

 

Pepi Merisio sulle scale
© Foto Marco Pasini

 

LA QUOTIDIANITÁ DEL GIOCO

A pochi mesi dalla sua scomparsa, l’incantevole cittadina umbra di Trevi gli dedica una personale intitolata “Pepi Merisio. Gioco!”Con la curatela di Flavio Arensi, la mostra è ospitata nella cinquecentesca cornice di Villa Fabri fino al 3 ottobre 2021.

 

In esposizione cinquanta fotografie in bianco e nero e a colori, di varie dimensioni, realizzate dagli anni cinquanta ai settanta. Si tratta di scatti poetici e immediati, incentrati sul tema del gioco nella quotidianità. Nel suo testo di accompagno alla mostra Arensi scrive:

 

Il gioco è l’alfabeto più immediato, quello che toglie i protagonisti dalla necessità di sentirsi in un ruolo predefinito, mettendoli nella condizione di rivelarsi. […] Ognuno con il suo portato di felicità e persino amarezza: il gioco finisce, si deve tornare a casa, ai compiti, al lavoro, alla normalità. Il gioco, in tal senso, è quell’attimo eroico e atemporale in cui ci si immerge per mettere uno stacco dalla cronaca ed entrare nella propria storia”.

 

Pepi Merisio, Gubbio, 1956
Stampa ai sali d’argento, vintage print. cm 29×39
© Pepi Merisio – Museo delle storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini

 

LA SERIETÁ NEL GIOCO

L’aspetto del gioco, insieme a quello della religiosità, è sempre stato uno dei filoni fotografici di Merisio. Che era interessato non solo ai giochi dei bambini o dei ragazzi ma anche a quelli degli adulti, avendo tutte le fasce di età un denominatore comune: la serietà nel gioco.

 

In uno dei testi presenti nel catalogo Raffaella Ferrari spiega che ogni foto in mostra non è nata come opera singola, ma faceva parte di un reportage. Spesso durante un servizio che non documentava esattamente il gioco, la sensibilità e la curiosità lo portavano a immortalare anche queste scene di bambini e adulti intenti a giocare.

 

Pepi Merisio, Piazza Navona, Roma, 1965
Stampa ai sali d’argento, vintage print. cm 40×30
© Pepi Merisio – Museo delle storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini

 

LO SPIRITO DEL REPORTAGE

 

Secondo quanto afferma il figlio Luca Merisio, anche lui fotografo, che ha collaborato a lungo col padre prima di diventare autonomo dal punto di vista professionale:

 

“Lo spirito per il reportage era di quello di andare in giro il più leggeri possibile e di usare solo la luce disponibile: sia principale che di schiarita”.

 

In queste splendide stampe al carbone o ai sali d’argento vediamo grandi e piccini, maschi e femmine, ripresi a divertirsi, da soli o in compagnia. Gli spazi del gioco sono di prevalenza quelli all’aperto. Pochissimi gli interni. Al porto, sulla riva del fiume, sulla spiaggia, nelle viuzze dei centri abitati, sull’uscio di casa, dietro le quinte di un teatro.

 

Sullo sfondo di architetture urbane, sequele di case paesane, facciate di chiese, scalinate, basiliche e piazze. Su e giù per la penisola italiana, lo sguardo benevolo e affettuoso di questo grande autore riprende un’umanità, forse povera ma bella, nei momenti di svago. Come rileva Arensi:

 

Il lavoro di Merisio ha per lo più questo indirizzo: lasciare che le cose accadano, si rivelino per quello che sono, mentre sta all’osservatore cercare di capire ciò che vede stampato. […] scorci o paradigmi della nostra esistenza.

 

Pepi Merisio, Carnevale sul Lago d’Endine, 1967
Stampa al carbone, modern print. cm 40×30
© Pepi Merisio – Museo delle storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini

 

LE EMOZIONI DELLE IMMAGINI

Bimbe con le bambole, col palloncino, col gatto, che saltano a corda. Girotondi e giostre. Interminabili partite di calcio all’oratorio o nella scenografica Piazza Navona a Roma, quando ancora si poteva giocare a pallone. Il rugby si disputa a Bologna, la palla a mano a Monasterolo del Castello.

Gruppi di anziani intenti sui campi da bocce della costa ligure, misurano le distanze con molta circospezione. Oppure, grande innovazione per gli anni ‘60, giovani seminaristi in tonaca nera impegnatissimi in una partita di pallacanestro. Infine il Carnevale di Venezia, ora diventato spettacolo per turisti, quando allora c’erano solo i veneziani.

 

Una processione di ritorno dalla messa la domenica delle Palme, comari assorte nella speranza di una vincita a tombola, un giro di carte accanto a un litrozzo di vino rosso, una sfida veloce agli scacchi. Come ha dichiarato lo stesso Merisio in un’intervista:

 

Credo che in tante immagini troviamo un’emozione. Ci commuoviamo davanti a quei volti, quegli occhi, quelle mani di persone che magari non ci sono più”.

 

Pepi Merisio, Basket in Seminario, Bergamo, 1964
Stampa ai sali d’argento, vintage print. cm 24×35
© Pepi Merisio – Museo delle storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini

 

IL BIANCO E IL NERO

Pepi Merisio appena poteva scattava in bianco e nero. Fotografare in bianco e nero in analogico vuol dire esprimere molti più significati e istaurare un rapporto diverso con la foto. Un rapporto di meditazione, di osservazione puntuale degli elementi fondamentali, che sono all’interno dell’inquadratura, e della loro posizione.

 

A questo proposito è interessante sentire la testimonianza di Luca Merisio:

 

“Il bianco e nero stacca, è un’essenzialità, non ha dispersioni cromatiche. A volte mio padre usava anche il digitale, così come altre manipolava le foto al momento dello sviluppo. Diceva che la fotografia, a prescindere dal mezzo, è quello che tu vuoi trasmettere”.

 

Pepi Merisio, Giochi sul lago d’Endine ghiacciato, 1967
Stampa al carbone, modern print, cm 43×30
© Pepi Merisio – Museo delle storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini

 

LA FOTOGRAFIA COME RACCONTO

Di nuovo il figlio Luca sul significato della fotografia per il padre:

 

“Mi ha insegnato che la foto deve dire qualcosa allo spettatore altrimenti, non importa quanto ci hai lavorato sopra, vuol dire che hai sbagliato. La fotografia è un attimo che non va spiegato. Quello che vedi è quello che il fotografo vuole trasmettere. La fotografia come singolo scatto ma anche come racconto”.

 

E proprio attraverso questi scatti Pepi Merisio ha raccontato un pezzo di storia reale del Belpaese perché lui, figura un po’ defilata nel panorama dei grandi fotografi contemporanei, è stato l’unico che ha lavorato fotografando quasi esclusivamente l’intero territorio italiano.

 

Non si può pertanto non essere grati a questo Maestro della fotografia che con delicatezza e poesia ha saputo cogliere per mezzo del suo obiettivo la perenne  magia dell’aspetto ludico, documentando allo stesso tempo l’Italia di ogni giorno dagli anni del boom economico agli anni Ottanta.

Pubblicato da Anna Amendolagine

Curatore indipendente, saggista e giornalista vive e lavora tra Roma e Rimini. La sua attività curatoriale inizia a partire dal 2003 e comprende l’ideazione e la realizzazione di mostre, testi e cataloghi d’arte, rassegne ed eventi culturali in collaborazione con Istituzioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. E stata membro della giuria o del Comitato Scientifico di diversi concorsi artistici. Giornalista pubblicista e Addetto ufficio stampa ha scritto numerosi articoli su arte e cultura per riviste cartacee e online. Ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Tecnico Europeo per due importanti progetti culturali dell’Unione Europea PETRA e LEONARDO dal 1993 al 1998.