UNA CERTA ITALIA DI GIUSEPPE LOY

Scrittore e intellettuale lontano dai riflettori, Giuseppe Loy (Cagliari, 1928 – Roma, 1981) è meno conosciuto del fratello maggiore, il celebre regista Nanni Loy, e della moglie, la scrittrice Rosetta Loy. Nella sua vita fa diversi lavori. Iscritto al Partito Comunista svolge anche un’ intensa attività politica. E non è un fotografo di professione.  Ma quando comincia a fotografare, per passione negli anni Cinquanta, non la smette più.

Giuseppe Loy, Nanni Loy, 1970, Foto b/n 

Giuseppe Loy considerava le proprie fotografie come ‘ appunti visivi’, un termine che suggerisce il suo desiderio di documentare la società del suo tempo, libera da stereotipi e spettacolarizzazioni. Il suo punto di vista laterale sulla realtà si concentra su dettagli e aspetti apparentemente semplici eppure significativi.  E cercando un sapore di verità, nel fotografare prova divertimento.

Con un approccio analitico e personale alla fotografia, l’autore si volge alla ricerca del quotidiano e il suo sguardo riflessivo si posa sulla realtà italiana della sua epoca che riprende con libertà e ironia.  Loy stesso scrive che per lui la fotografia non è un mezzo per esprimersi ma per esprimere quello che da solo non si potrebbe vedere. Per far vedere una certa natura dell’uomo e un certo nostro Paese.

AMICI ARTISTI

La sua fotografia va inquadrata in una ottica poetica e umanistica in quanto centrata sul fattore umano e le sue relazioni.  Le foto delle sue amicizie con i grandi protagonisti del mondo dell’arte – artisti del calibro di Alberto Burri, Afro e Lucio Fontana – sono testimonianze preziose. Tuttavia alle immagini più intime di amici e familiari si alternano gli scatti di denuncia del disagio urbano o dell’aggressione al territorio.


Giuseppe Loy, Lipari, 1961, Foto b/n, cm 22×17,5

A quarant’anni dalla sua prematura scomparsa, le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma dedicano a Giuseppe Loy, dall’8 dicembre 2021 al 27 febbraio 2022, la prima retrospettiva a cura di Angelo Loy, il figlio, e Chiara Agradi. La quale dichiara: 

“Ogni famiglia ha la propria storia da raccontare. Quella dei Loy è la storia di una famiglia d’intellettuali dai destini illustri che malgrado la notorietà ha mantenuto una garbata riservatezza, lontana dagli eccessi mediatici. E quello di Giuseppe Loy, in particolare, è il racconto di un amateur che ha fotografato tutta la vita, lasciando un archivio di migliaia di negativi e stampe d’epoca tutto da scoprire”.

UN CERTO PAESE

Con il titolo Una certa Italia. Fotografie 1959-1981 la mostra palesa un duplice intento. Quello di dare una panoramica sulla vita di Giuseppe Loy dedicata sia all’attività fotografica che alla poesia, sua altra grande passione. E, al contempo, quello di valorizzare la fotografia italiana del secondo Novecento nell’ambito della scena internazionale. 

Allestimento © Sandro Lucentini, 2021

Per la realizzazione della mostra si è attinto ai materiali dell’ Archivio Fotografico Giuseppe Loy – che conserva oltre 70.000 immagini, migliaia di negativi e oltre 1.800 stampe vintage – con la Media Partnership di Rai Scuola. Ma soprattutto ci è avvalsi  dell’attività di catalogazione e digitalizzazione di 1565 rullini in bianco e nero, 338 rullini a colori, 1800 stampe e documenti.  Il co-curatore, Angelo Loy, dichiara:

 “…Ecco allora che mi si rivela il motivo di tutto quell’ordine e organizzazione, di tutte quelle stampe, appunti, indicazioni. Aver permesso a qualcuno, e in questo caso a un figlio, di riprendere le fila del suo discorso, e di trovare postuma la giusta collocazione, il riconoscimento sperato e mai richiesto”.

TEMATICHE RICORRENTI

L’esposizione propone dunque una selezione di 135 stampe originali in bianco e nero, molte delle quali inedite, insieme a documenti, poesie, citazioni ed epigrammi. Financo un video che ripercorre l’amicizia tra Giuseppe Loy e gli amici artisti.  Una sintesi di tutto quanto concorre a render conto della ricchezza dell’archivio e dell’universo politico e culturale dell’autore.

Teca © Sandro Lucentini, 2021

Il percorso espositivo si dispiega tra la Sala delle Colonne e le Cucine Novecentesche di Palazzo Barberini.  L’allestimento sobrio ed essenziale nei toni del bianco, nero e grigio, si abbina perfettamente agli scatti di Loy. I quali immortalano il suo impegno politico e il suo sguardo sui costumi di un’ Italia in profondo cambiamento. Nel periodo storico, scrive in catalogo Luca Massimo Barbero, in cui: 

“il tempo, la politica e gli eventi stavano precipitando l’intero mondo verso una coscienza nuova,profonda e a tratti ribelle”. 

Le fotografie sono raggruppate in sezioni che descrivono alcune delle tematiche ricorrenti nella ricerca e nei soggetti rappresentati da Giuseppe Loy. L’esposizione si apre con la raccolta di scatti eseguiti nell’atelier di Alberto Burri, amico e compagno di tiro al piattello. Sono immagini semplici e autentiche che, secondo lo stile discreto di Loy, riprendono le azioni quotidiane e le espressioni spontanee dell’artista umbro.

Giuseppe Loy, Alberto Burri, 1966, Foto b/n

BIENNALE DI VENEZIA

A seguire la toccante sezione dedicata alle foto di famiglia in cui il fotografo fissa l’obiettivo sul gioco di gesti minimi, sull’intensità di un volto o di uno sguardo inaspettato di fratello, moglie e figli. Ritratti ammantati da un velo di affetto sincero.   

Si passa poi ad alcune fotografie realizzate da Giuseppe Loy alla Biennale di Venezia del 1966 dove era stato invitato dai suoi amici artisti. In questi scatti l’autore coglie, cdal suo punto di vista ironico, le reazioni dei visitatori di fronte alle opere d’arte. Le foto, che testimoniano la vivacità dell’ambiente culturale in cui si muoveva Loy, restituiscono ai suoi scatti una certa importanza storica.

ll ritratto dell’italianità emerge da alcune fotografie dei primi anni Sessanta che raccontano un’Italia ancora contadina che si affaccia al progresso. Loy concentra la sua attenzione su quello che vede intorno a sé: la persistenza delle rovine della guerra, attimi di vita quotidiana, Roma e le nuove periferie urbane. 

Giuseppe Loy, Biennale di Venezia, 1966, Foto b/n, cm 23×29 

IL MARE DEGLI ITALIANI

Sono foto che invitano a una profonda riflessione sul cambiamento del paesaggio, che avviene tra la fine degli anni Cinquanta e i primissimi anni Ottanta. In esse si osserva il precario equilibrio tra la presenza umana e il paesaggio, come in quelle incluse nella sezione Il mare degli italiani. Si tratta di una denuncia dei luoghi segnati dal selvaggio sviluppo urbanistico e dall’assalto edilizio ai litorali italiani, a testimonianza del costante impegno politico di Loy.

Il mare è un elemento che ricorre spesso nelle fotografie di Giuseppe Loy a ricordo della sua infanzia sarda. Va inteso come una possibile via d’uscita dalla opprimente vita urbana. L’autore ruba sulle spiagge i corpi distesi dei bagnanti al sole e le architetture balneari tra fasci di luci e ombre. Scatta da angolature particolari e con quella seducente ironia di cui è intriso tutto il suo lavoro. Spiega Margherita Guccione nel catalogo:

“Si tratta del piacere dello sguardo, che si concretizza nella ricerca della composizione misurata, calibrata, che valorizza le geometrie del reale e ne esalta le forme nelle numerose fotografie dedicate alle località di vacanza degli italiani, al mare come in montagna”.

Giuseppe Loy, Santa Marinella (RM), 1961, Foto b/n, cm 21×29

IL RACCONTO DI UN’ AMICIZIA

Molti dei soggetti nelle fotografie sono ripresi di spalle. È come se Giuseppe Loy si volesse riflettere nel loro sguardo o nei loro pensieri. Prendiamo, ad esempio, le foto del 1962 a Civitavecchia, alla partenza del traghetto per la Sardegna. Ci sono persone che, attraverso lo spazio di un muro merlato, guardano il traghetto allontanarsi verso l’isola. Attraverso i loro occhi sembra che sia il fotografo stesso a scrutare l’orizzonte.

Oltre il quale c’è un luogo lontano di cui forse sente nostalgia, perché lui è nato in Sardegna e vi ha trascorso l’infanzia. Volendo raggiungerla si tratterebbe di un ritorno al passato ma allo stesso tempo è anche una proiezione nel futuro. Qui c’è un uomo che guarda al futuro, una dimensione ancora sconosciuta. Però, se non altro, si può sognarlo, fantasticarlo e progettarlo quel futuro. Cosa che in quegli anni si poteva ancora fare. Perché la realtà nelle fotografie di Loy è oramai storicizzata.

A conclusione del percorso, nel breve documentario di Angelo Loy Rosetta racconta un’amicizia, realizzato appositamente per la mostra, Rosetta Loy parla del legame tra suo marito, Alberto Burri e i maestri dell’Informale.

Giuseppe Loy, Roma, viale di Tor di Quinto, 1980, Foto b/n

Giuseppe Loy aveva scelto come titolo Una certa Italia per un libro fotografico che era in procinto di pubblicare per la casa editrice Laterza. Il progetto fu bruscamente interrotto dalla sua morte. Ma non è andato perduto: la sua struttura è servita da guida di questa mostra. Per cominciare a ridefinire la figura e il percorso di Giuseppe Loy nella storia della fotografia italiana.

Pubblicato da Anna Amendolagine

Curatore indipendente, saggista e giornalista vive e lavora tra Roma e Rimini. La sua attività curatoriale inizia a partire dal 2003 e comprende l’ideazione e la realizzazione di mostre, testi e cataloghi d’arte, rassegne ed eventi culturali in collaborazione con Istituzioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. E stata membro della giuria o del Comitato Scientifico di diversi concorsi artistici. Giornalista pubblicista e Addetto ufficio stampa ha scritto numerosi articoli su arte e cultura per riviste cartacee e online. Ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Tecnico Europeo per due importanti progetti culturali dell’Unione Europea PETRA e LEONARDO dal 1993 al 1998.