Antonio Calderara “vorrei dipingere il nulla”

Un approccio diverso

Ho visto per la prima volta i lavori di questo artista nel 2018 quando, quasi casualmente, ho visitato la “Casa Museo Antonio e Carmela Calderara” a Vacciago sul Lago d’Orta.

Era un tour guidato all’interno delle stanze di questa casa di famiglia che è stata studio e abitazione dell’artista e nella quale è morto nel 1978.

La guida ci ha introdotto con esperienza e conoscenza nella vita e nelle opere di Calderara. Ma è stato proprio in quel momento che ho capito che avrei voluto essere io ad avvicinarmi alla sua arte, senza una mediazione esterna, seppur competente.

Volevo essere io , per qualche motivo che allora mi era parso sconosciuto, a legare la vita di Calderara, i suoi lutti, le sue frasi, la sua fragile salute al suo percorso artistico.

E così eccomi qui a scrivere questo articolo che tratta della vita e della sua arte.

Il periodo figurativo

Nasce ad Abbiategrasso nel 1903. Vive un’infanzia serena insieme a 2 fratelli, genitori premurosi ed attenti a far passare il messaggio educativo “di ordine, disciplina e correttezza”

Da subito sente che il disegno, la pittura saranno parte imprescindibile della sua vita. Nel 1925 lascerà la facoltà di Ingegneria di Milano per….diventare pittore.

Ma a differenza di altri artisti non entrerà in qualche Accademia, non si iscriverà a corsi di disegno, non cercherà un maestro a cui affidarsi.

Semplicemente disegnerà e dipingerà in un continuo sforzo:

“per andare avanti…per aggiungere alla pittura di ieri l’esperienza di oggi, a quella di oggi quella di domani…”

Dopo la parentesi milanese i genitori ritornano nella casa di Vacciago, lui rimane a Milano affittando una stanza che sarà suo studio e abitazione in una continua ricerca di una dimensione intima della sua vita, con pochi amici, pochi soldi ma sorretto da un pensiero forte:

“….ero un uomo libero, teso nell’impegno di una pittura che si andava chiarendo a me stesso e questo era quello che più importava”

Espone per la prima volta nel 1929 in una mostra a Milano dedicata ai Navigli

I Navigli – 1938
Tavolozza ridotta, i contrasti spariscono in presenza di un struttura formale semplice, pacata
La famiglia dopo il temporale – 1934
In questa scena famigliare quieta e serena si intravede lo stile del divisionismo lombardo, accompagnato da una linearità formale che si fonde in una chiara luce soffusa

Nel 1932 incontra Carmela la donna della sua vita “occhi chiarissimi, il viso piccolo e diafano” e presto nasce la figlia Gabriella.

Si trasferisce sul Lago d’Orta i cui paesaggi

“…che si specchiavano nel lago verdissimo…..coronato dal Monte Rosa…luminoso nei suoi bianchi rosati e nei suoi grigi argentati….”

trovano spazio nelle sue tele

Espone in qualche galleria, vende alcuni quadri che gli danno il necessario per mantenere la famiglia ma soprattutto continua a dipingere.

“…vado avanti sorretto dalla certezza che un giorno mi sarà svelato quel grande mistero che è la pittura…”

 

La sua è una pittura silenziosa, intima, nella quale la presenza umana è sempre discreta. E’ una pittura legata alla sua terra, che non lascerà mai, ad una vita trascorsa in disparte, lontano dai clamori, dai salotti, dai circoli.

La finestra e il libro – 1935

 

Il lutto

Nel 1936 muore il padre “il mio amico, il compagno, l’appoggio morale di cui avevo bisogno”.

La sua continua sperimentazione lo porta, complice forse il vuoto lasciato dal padre, a ridurre la superficie delle sue tele, quasi a cercare una dimensione ancora più intima della sua pittura.

A Vacciago nella casa paterna affronteranno gli anni lunghi e difficili della guerra, alla quale Calderara si sottrae per una malformazione cardiaca.

Nel 1944 a 11 anni muore improvvisamente la figlia Gabriella: disperazione, angoscia, il distacco lacerante che si presenta in un ordine sbagliato delle cose:

…la vita che si spegne nella materia…”

Carmela e Antonio si aggrappano l’una all’altro, cercando di ritrovare un motivo per continuare.

Calderara ripartirà dal suo studio, dai suoi pennelli riprendendo una tela incompiuta che ritraeva Gabriella

Dipingerà la moglie ringiovanendola fino a sovrapporre la sua figura a quella della figlia in un estremo tentativo di non congelare il ricordo ai suoi 11 anni.

Nel 1950 ha un primo infarto.

Una nuova dimensione

Sono anni comunque di soddisfazioni in ambito professionale, con mostre personali nelle Gallerie di Milano, ma Calderara sente che la sua pittura non è compiuta, cerca un’altra realtà da dipingere:

“…contemplazione, armonia, proporzione, quiete: questo il filo invisibile che intreccia la mia aspirazione…”

Nel 1954 incontra la pittura di Mondrian: la sua essenzialità, l’ordine assoluto delle sue costruzioni, la precisione nel colore gli aprono la strada alla visione dell’altra realtà che stava cercando.

Le sue opere successive sono al limite del figurativo, la dimensione prospettica viene superata da un nuovo bisogno

“…è interesse alla luce, alla luce che tutto invade, che tutto distrugge per essere lei sola protagonista..”

Il tratto diventa sempre più sottile, si aggiungono velature di colore, il paesaggio si trasforma in linee orizzontali e verticali, rassicuranti nella loro essenziale geometria.

Lago d’Orta – 1956 – 11×13,5 cm

Piano piano si allontana del tutto dalla necessità di rappresentare, dare contorni, volumi, ombre

” …caduta la linea curva che mi conduceva alla costruzione di un volto, un seno….mi trovo maturo per la mia nuova avventura…”

Rettangoli, righe, quadrati diventano la misura umana della nuova realtà di Calderara nella quale la luce non abbaglia ma attira, non crea ombre ma velature: è la dimensione dell’infinito, il solo spazio dove poter trovare la nuova essenza della figlia.

Spazio Luce – 1960 – 13,5×13,5 cm
Spazio Luce – 1965 – 13,5×13,5 cm

 

La struttura dei quadri diventa sempre più semplice, in una ricerca di sintesi assoluta che porti a

” dove finisce il ricordo e inizia l’idea”

Nel 1963 ha il secondo infarto

La conquista della luce

Da questo momento in poi Calderara comincia a farsi conoscere sulla scena internazionale. Vengono apprezzati i suoi quadri di piccole dimensioni, i toni dei colori delicati, impuri; le figure geometriche potenzialmente intercambiabili senza che lo spazio pittorico perda il suo equilibrio

Spazio Luce – 1970 – 13,5×13,5 cm
Spazio Luce – 1967 – 13,5×13,5 cm.

 

Nel 1966 riprende a viaggiare, ad esporre all’estero, nuovi incontri e nuove amicizie.

La luce diventerà la sua costante ricerca, timida nelle sue prime opere diventerà l’unica protagonista dei suoi quadri

Tensione verticale al margine – 1969 – 27×27 cm

Nel 1970 ha il terzo infarto. Riposo assoluto durante il quale lasciati i pennelli ripensa alla sua pittura:

“vorrei dipingere il nulla che sia tutto, il silenzio, la luce, l’infinito”

Calderara morirà nella sua Vacciago nel 1978.

A noi ha lasciato l’eredità di 56 opere sue e 271 di diversi artisti europei, americani, giapponesi e cinesi con i quali era legato da rapporti di stima e di affinità di ricerca:

La “Fondazione Antonio e Carmela Calderara“, a Vacciago, è stata costituita il 10 gennaio 1979 in esecuzione delle volontà del pittore, il quale volle aprire al pubblico le porte della sua abitazione, ormai adibita a museo, per permettere la fruizione della sua preziosa collezione.

Ed è appunto visitando la Casa Museo che ho conosciuto ed apprezzato questo artista delicato, schivo, che ha cercato per tutta la vita di dare un senso, uno scopo alla sua arte, perchè

“l’arte è fatta del meglio, l’arte è una delle più alte conquiste dello spirito. L’arte è il dono di un uomo agli uomini, e se anche non tutti gli uomini capiscono non importa, importa invece che ci sia almeno uno che capisca, anche se questo uno è soltanto quello che dona”

Lettere di un convalescente – 1976