LO SCULTORE ANTONIO CANOVA A TREVISO.

DAL NEOCLASSICISMO ALL’ANNUNCIO ROMANTICO

Angelica Kauffmann, Ritatto di Antonio Canova, 1805, olio su tela
Angelica Kauffmann, Ritatto di Antonio Canova, 1805, olio su tela

Sinonimo di armonia e bellezza nel mondo, lo scultore Antonio Canova (1757-1822), massimo esponente del neoclassicismo italiano, è considerato a tutti gli effetti il genio trevigiano per eccellenza.

Canova e Treviso sono oramai diventati un binomio indissolubile che si è consolidato nel tempo. Infatti, benché nato a Possagno, piccolo centro dei dintorni, la città veneta è il luogo dove è fiorito il “mito” dell’artista e da cui è partita la riscoperta critica della sua opera.

Fabrizio Malachin, direttore dei Musei Civici, evidenzia come la “trevigianità” dello scultore deriva da elementi storici inequivocabili. Intanto nel 1823 Treviso fu la prima a onorare la memoria dell’artista dopo la morte. Il Comune commissionò infatti un busto marmoreo a Luigi Zandomeneghi, una medaglia celebrativa a Francesco Puttinati e un componimento musicale a Gioacchino Rossini.

E ancora, nel 1957, lo storico dell’arte Luigi Coletti vi realizzò la prima grande mostra monografica dedicata a Canova, in risposta a chi ancora lo disdegnava. Fu l’unica mostra in Italia a valutare criticamente tutta l’opera dello scultore, distinguendo la produzione “stilistica” da quella “poetica”.

Antonio Canova, Amore e Psiche stanti, 1796-1800, gesso
Antonio Canova, Amore e Psiche stanti, 1796-1800, gesso

GLORIA TREVIGIANA

Il legame di Antonio Canova con la città di Treviso è tanto forte quanto forse poco conosciuto. Proprio con l’intento di valorizzare questa relazione, in occasione del bicentenario della sua morte, i Musei Civici di Treviso hanno organizzato una grande mostra dal respiro internazionale.

Allestita presso il Museo Bailo fino al 25 settembre 2022, con il titolo “Canova, gloria trevigiana. Dalla bellezza classica all’annuncio romantico” , si vanta di essere la più importante mostra canoviana della stagione in Italia. Curata da Fabrizio Malachin, Giuseppe Pavanello e Nico Stringa, l’esposizione indaga Canova come straordinario contemporaneo anticipatore della sensibilità romantica.

In mostra sono riunite più di 200 opere tra le quali il pubblico può ammirare un nucleo fondamentale di sculture e gessi del grande Maestro. Molti sono i prestiti, anche senza precedenti. Seguono i ritratti, le incisioni, le celebrazioni canoviane, la fotografia e le armi. Il ricco percorso espositivo si articola in 11 sezioni.

Allestimento © Anna Amendolagine
Allestimento © Anna Amendolagine

IL TEOREMA PERFETTO

La mostra si apre con l’allestimento che ha permesso di ricreare eccezionalmente l’ambiente predisposto a suo tempo da Canova nel salone di Palazzo Papafava a Padova. Con quattro gessi si è potuto quindi riproporre il paragone tra Antico e  Moderno. In che modo?

Mettendo a confronto la celebre statua antica “Apollo del Belvedere” con il “Perseo trionfante” di Canova, e il “Gladiatore Borghese”, altra famosissima opera del passato, con il “Creugante” canoviano. Inoltre, per la prima volta le opere sono esposte sui loro basamenti originali restaurati per l’occasione. E’ il cosiddetto “teorema perfetto”: dove Antico e Moderno sono in parallelo, dialogano  ma allo stesso tempo sono in competizione tra loro.

MITO E RELIQUIE

L’Assessore alla Cultura Lavinia Colonna Preti informa che la mostra trevigiana presenta, per la prima volta al largo pubblico:

una serie di reperti conservati nelle collezioni civiche, mai sino ad ora esposti. A partire dai calchi della mano destra del Maestro e della sua maschera funeraria, autentiche “reliquie” dell’artista, entrate nelle collezioni civiche già in epoca ottocentesca”.

Secondo Fabio Malachin, l’importanza di questi due “reperti” risiede nell’ indubbio valore documentale relativo sia all’aspetto dell’artista che al macabro ‘mercato’ che si fece subito dopo la morte. Un feticismo, sostenuto senza dubbio dal mito stesso di Canova, che portò all’eccesso di fare a pezzi un cadavere per conservare la memoria di uno spirito geniale. E i rari calchi di Treviso sono quindi la conseguenza di quel mito che si era trasformato in un culto, quasi si trattasse di un santo.

Antonio Canova, La danza dei figli di Alcinoo (particolare),  1790-1792, gesso © Anna Amendolagine
Antonio Canova, La danza dei figli di Alcinoo (particolare),  1790-1792, gesso © Anna Amendolagine

BASSORILIEVI

Tra le novità degne di nota ci sono anche due spettacolari gessi originali dello scultore, giunti a Treviso dopo un intervento di restauro. Fanno parte del patrimonio delle Assicurazioni Generali, uno dei due importanti players a livello nazionale della  esposizione.  L’altro è il Consorzio di Tutela del Prosecco Doc.

Si tratta di due bassorilievi di grandi dimensioni (141 x 280 cm) che raffigurano due  soggetti diversissimi. Entrambi si ispirano alle vicende della guerra di Troia e all’epopea di Ulisse, attingendo all’Odissea e al secondo libro dell’Eneide. La prima composizione – realizzata dall’artista tra il 1787 e il 1790 – descrive “La morte di Priamo”. Spiega Fabrizio Malachin, curatore della mostra:

“Il sublime tragico è protagonista […], vi domina il dolore e l’angoscia, e con accenti di verità arditi e nuovi, specie nella scelta di rappresentare Pirro totalmente ignudo”.

Il soggetto del secondo bassorilievo, datato al biennio immediatamente successivo, è invece “La danza dei figli di Alcinoo”. I temi trattati questa volta sono la gioia, la grazia e la vivace ilarità. Per leggerezza dei movimenti, la danza era quanto di più si potesse osare per chiedere alla scultura di liberarsi dalla forza di gravità.

Con queste opere di carattere narrativo Canova intendeva sostenere il primato della sua arte sulla pittura. Il percorso iniziato con la “La danza dei figli di Alcinoo” lo porterà alle Danzatrici: con le mani sui fianchi, il dito al mento, i cembali. A  testimoniare che nulla è impossibile alla scultura quando l’artefice è Canova.

Antonio Canova, Danzatrice col dito al mento, 1809-1814, gesso © Anna Amendolagine
Antonio Canova, Danzatrice col dito al mento, 1809-1814, gesso © Anna Amendolagine

STELE E SCULTURE EROICHE

Sempre rimanendo nell’ambito delle sculture eroiche, un altro inedito che viene qui esposto per la prima volta è il calco in gesso del Cavallo morente, preparatorio del famoso gruppo “Teseo in lotta con il centauro” di Vienna. Per riprodurre il corpo del centauro Canova si mise a studire un cavallo in fin di vita.

Con la scultura delicata e gentile di Amore e Psiche stanti si entra in quella sezione della mostra dominata dal sentimento dove emerge la modernità romantica dell’artista. Qui la bellezza è eminentemente spirituale: esce dalla sfera della ragione per essere percepita dall’anima. Tra le varie opere di questo settore si trova la stele funeraria in memoria al defunto amico e incisore Giovanni Volpato.

LA GALLERIA DELL’800

La Galleria dell’800, ultima sezione della mostra, propone opere di grande interesse di Hayez, Zandomeneghi, Appiani, Quarena e altri. Insieme ad alcune sorprese della serie di materiali canoviani recuperati durante la preparazione della mostra. Come un busto con il “Ritratto di Antonio Canova” di Antonio D’Este o un corpus di lettere inedite.

Antonio Canova, Cavallo morente © Anna Amendolagine
Antonio Canova, Cavallo morente © Anna Amendolagine

E poi il grande libro con 86 incisioni canoviane donate dal fratello Giambattista Sartori Canova a Treviso nel 1837. Ancora lo scultore in una delle versioni del celeberrimo “Ritratto dal vivo” del 1817- 18 dipinto da Thomas Laurence. Financo il prezioso bozzetto delle “Tre Grazie”, dove volendo si possono individuare le impronte del maestro. E tanto altro ancora.

UNA MOSTRA NELLA MOSTRA

E per concludere l’itinerario espositivo, tanto per sottolineare il sublime fascino dell’arte canoviana, merita una visita la mostra delle straordinarie immagini artistiche scattate dal fotografo veneto Fabio Zonta.  Che  riprendono i modelli in gesso, conservati alla Gypsotheca di Possagno, delle sculture in marmo sparse in tutto il mondo.

Si tratta di 40 fotografie di grande formato con cui l’obiettivo di Fabio Zonta mette in rilievo la tridimensionalità delle opere, evidenziando dettagli, soggetti, espressività. Lui stesso dice che:

“Fotografare Canova è come fotografare Venezia, tanto il soggetto è sfruttato come immagine. Si tratta di una sfida all’ovvio e al banale, peggio, al non significativo per occhi rapiti solo dal gusto della novità”.

Allestimento mostra Luigi Zonta © Anna Amendolagine
Allestimento mostra Luigi Zonta © Anna Amendolagine

Paola Bonifacio scrive in catalogo:

“Nella delicata e rigorosa operazione creativa che ne nasce, fondamentale è la luce, in grado di costruire, reinventandola attraverso un puntuale lavoro di verifica e messa a punto che precede ogni scatto scelto, un’inedita esperienza creativa”. 

Le foto di questa sezione costituiscono una monografica che, dopo Treviso, proseguirà il suo viaggio nel mondo per trasmettere una lettura lirica ed emotivamente coinvolgente delle opere canoviane.

Ultimo grande artista della Serenissima il sommo scultore è anche il primo dei moderni. E’ l’artista di due secoli, di due civiltà.

Pubblicato da Anna Amendolagine

Curatore indipendente, saggista e giornalista vive e lavora tra Roma e Rimini. La sua attività curatoriale inizia a partire dal 2003 e comprende l’ideazione e la realizzazione di mostre, testi e cataloghi d’arte, rassegne ed eventi culturali in collaborazione con Istituzioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. E stata membro della giuria o del Comitato Scientifico di diversi concorsi artistici. Giornalista pubblicista e Addetto ufficio stampa ha scritto numerosi articoli su arte e cultura per riviste cartacee e online. Ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Tecnico Europeo per due importanti progetti culturali dell’Unione Europea PETRA e LEONARDO dal 1993 al 1998.