Si gioca tutta sul filo dell’emozione la visione delle immagini scattate dalla leggendaria fotografa americana Margaret Bourke-White. La quale, figura tra le più rappresentative ed emblematiche del fotogiornalismo, ha davvero esplorato ogni aspetto della fotografia. E lo ha fatto per prima. Da vera Prima donna.
Emozioni forti e sensazioni varie e disparate mi hanno guidato durante la visita alla retrospettiva Prima, donna. Margaret Bourke-White, a cura di Alessandra Mauro. La mostra, dedicata a questa pioniera dell’informazione e dell’immagine, è ospitata presso il Museo di Roma in Trastevere fino al 27 febbraio 2022.
PRIMA DONNA
Promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’esposizione è organizzata da Contrasto e Zètema Progetto Cultura. In collaborazione con Life Picture Collection, detentrice dell’archivio storico di LIFE. Il catalogo è edito da Contrasto.
E’ avvincente rintracciare il filo del percorso esistenziale di Margaret Bourke-White attraverso le oltre 100 immagini in mostra, provenienti dall’archivio Life di New York. Sono divise in 11 gruppi tematici e il percorso espositivo permette di seguire la visita sia in sequenza cronologica che girando e soffermandosi qua e là secondo i propri interessi e il proprio gusto.
L’allestimento è essenziale ma abbastanza vario. Si sviluppa per sezioni con fotografie di vario formato alle pareti e teche piene di riviste e servizi impaginati. I testi critici sono scritti su piloni di media grandezza. Un filmato riproduce, senza soluzione di continuità, un’ intervista televisiva in cui la fotografa parla di sé e del suo lavoro.
L’INCANTO DELLE ACCIAIERIE
Margaret Bourke-White nasce a New York il 14 giugno del 1904. Si iscrive alla Columbia University. Nel 1925 si sposa per divorziare due anni dopo. Si laurea nel 1927 e nel 1928 apre uno studio fotografico a Cleveland.
Nella sezione che apre il percorso espositivo dal titolo L’incanto delle acciaierie, osserviamo con sorpresa i suoi primi lavori industriali e corporate. Lei capisce che le fotografie non devono imitare i quadri. Si tratta infatti di scatti di una modernità sconcertante che, rasentando l’astratto, confermano il suo successo.
Nel frattempo Margaret si trasferisce a New York. Nel 1929 inizia a collaborare con la rivista illustrata FORTUNE. Grazie a un reportage per questa testata, nel 1934 scopre la grande siccità, una realtà che non conosceva e che la colpisce profondamente. Dal 1936 invece comincia a occuparsi della Depressione che sta devastando il Paese. Insieme allo scrittore Erskine Caldwell realizza un lavoro di documentazione sul Sud degli USA.
NEW YORK DALL’ALTO
Non possono lasciarci indifferenti gli scatti eseguiti dalla fotografa negli anni della Depressione. Si trovano nella sezione Conca di polvere. Tra questi spicca la famosa immagine delle vittime afroamericane dell’alluvione in fila per ottenere cibo e vestiti dalla stazione di soccorso della Croce Rossa.
Intanto nel 1936 Margaret Bourke-White contribuisce alla creazione del leggendario periodico americano LIFE. Realizza la copertina e il reportage del primo numero. Seguiranno servizi, storie e ritratti per tutta la sua vita. LIFE sarà il suo luogo di lavoro, la sua “casa” fotografica. A questa lunga collaborazione è dedicata un’intera sezione dal titolo, per l’appunto, LIFE.
Brividi e un senso di vertigine ti assalgono nella sezione In alto e a casa. Ciò è dovuto ad alcune tra le più spettacolari – e forse anche più famose – immagini aeree realizzate dalla fotografa nel corso della sua vita. Come quella mitica in cui d’inverno Margaret Bourke-White è al lavoro per la rivista LIFE. Da una postazione precaria su uno spuntone a forma di aquila in cima al grattacielo Chrysler, punta il suo obiettivo sulla veduta panoramica della città di New York. Scrive la curatrice:
“Nella vita di Margaret la passione per la fotografia era pari a quella per il volo. All’inizio della carriera aveva sorvolato New York e si era aggrappata sul Chrysler. Con il tempo, poi, i servizi verranno disegnati per lei, come “L’America vista dall’alto” il grandioso reportage che le permette di giocare con la distanza, le diagonali e le componenti di quella visione moderna che caratterizza le sue immagini di industria, paesaggio e architettura”.
COPRIRE L’ANIMA
Sul fronte dimenticato: gli anni della guerra è il titolo della sezione in cui viene proposto il materiale fotografico ripreso quando Bourke-White, al seguito dell’esercito USA, sarà in Nord Africa, Italia e Germania. Per lei fu disegnata la prima divisa militare per una donna corrispondente di guerra.
L’ orrore ti pervade e ti penetra nella ossa nella sezione denominata, Nei Campi. Quasi alla fine della 2a Guerra mondiale, nella primavera del 1945 la fotografa è al seguito del generale Patton nella sua avanzata in Germania. Quando vengono aperti i campi di concentramento si vuole mostrare al mondo tali atrocità. Margaret Bourke-White va a Buchenwald e registra, con la sua macchina fotografica e le sue parole, quello che vede.
Gli sguardi attoniti dei prigionieri nelle uniformi a righe dietro reticolati di filo spinato o le rovine di Norimberga. Crude e composte, talmente reali da sembrare costruite, le immagini che mostrano il suicidio del Vicesindaco del Consiglio e famiglia per non arrendersi agli americani. La stessa fotografa ha più volte dichiarato che “per lavorare dovevo coprire la mia anima con un velo”.
INDIA, RUSSIA E SUD AFRICA
Si provano grande commozione e profonda reverenza davanti al celebre ritratto del Mahatma Ghandi, intento a filare all’arcolaio, poco prima della sua morte, o alla panoramica dei suoi funerali dall’alto. Entrambe le foto si trovano nella sezione L’India, che raccoglie il lungo reportage eseguito dalla fotografa al momento dell’indipendenza dell’India e della sua separazione con il Pakistan.
Ti sorprendono gli scatti della sezione Sguardi sulla Russia, che testimonia il periodo in cui Margaret Bourke-White documenta le fasi del piano quinquennale in Unione Sovietica. Percorrendo questo sterminato paese in lungo e in largo, riesce a entrare nelle scuole elementari di un remoto villaggio nella regione del Volga. Qui coglie lo smarrimento e il disappunto degli scolari seduti stoicamente in classe nei loro spogli banchi di legno. Anni dopo – quando era già scoppiata la Seconda guerra mondiale – esegue il ritratto di Stalin in esclusiva per LIFE. Lei stessa scriverà:
«Nei primi anni Trenta la Russia era una terra misteriosa. Da quando il piano quinquennale sovietico era iniziato, nessun fotografo straniero era stato ammesso entro i confini della nazione. I consulenti tecnici andavano e venivano, ma per i fotografi la Russia era blindata. Niente mi attraeva di più di una porta blindata; non mi sarei data pace se non dopo aver cercato di aprirla, e volevo essere la prima a farlo”.
Provoca sgomento e una forte indignazione la sezione dedicata al Sud Africa, che offre una documentazione del grande paese africano negli anni ‘50 dove vige l’apartheid.
I COLORI DEL SUD BIANCO
Mentre la successiva, Voci del Sud bianco, propone l’unico lavoro a colori del 1956 dedicato al tema della segregazione nel Sud degli Stati Uniti, che attraversano anni di grande trasformazione. Un eloquente saggio di fotogiornalismo sulla disuguaglianza razziale nella Carolina del Sud. Laddove a Greensville, un microcosmo dei servizi segregati negli anni ’50, una famiglia bianca si gode serenamente l’anguria. Secondo la curatrice:
“Con le sue scene domestiche, il colore quasi intimo di ogni immagine, apre una finestra su un tema e un periodo che, nel bene e nel male, definirà l’America del XX secolo. Voices of the White South è uno dei pochi esempi di lavori interamente a colori realizzati da Margaret e per impostazione e linguaggio scelto segue proprio il lavoro realizzato in Sud Africa”.
UNA MISTERIOSA MALATTIA
Infine altamente destabilizzanti risultano le immagini della sezione La mia misteriosa malattia con cui termina il percorso espositivo. In queste foto Margaret Bourke-White diventa il soggetto del reportage, realizzato dal collega Alfred Eisenstaedt, che evidenzia tutta la sua fragilità nel corso della malattia. Documenta la sua ultima, strenua lotta, contro il morbo di Parkinson i cui primi sintomi si manifestano nel 1952. Lei combatterà con forza e determinazione fino alla fine dei suoi giorni, avvenuta nel 1971.
Una straordinaria retrospettiva, quindi, che mostra la capacità visionaria e insieme narrativa di Margaret Bourke-White. Un’importante fotografa in grado di comporre “storie” fotografiche dense e folgoranti. In ricordo di una grande donna, la sua visione e la sua vita controcorrente.