Charlotte Salomon

Una vita segnata

La narrazione della straordinaria vita di Charlotte Salomon tende ad oscurare la sua opera.

Sovente paragonata ad Anna Frank, l’esistenza di Charlotte fu segnata dall’ascesa del Nazismo e da una tragica storia famigliare di suicidi prima che la sua giovane vita venisse interrotta ad Auschwitz nel 1943.

Charlotte Salomon aveva ventitré anni quando dipinse il suo volto, un viso ebreo senza nome, intenso, lo sguardo rivolto allo spettatore.

All’epoca ( era il 1940) viveva come rifugiata del nazismo a Villefranche (Francia) e aveva da poco scoperto che nel corso degli anni sette membri della sua famiglia si erano tolti la vita . Una rivelazione tremenda, drammatica che la portò lucidamente a porsi quella che lei stessa definì “la domanda” :

                togliersi la vita o intraprendere qualcosa di folle?

E lei intraprese qualcosa di folle, di unico, una ricerca convulsa per cercare di dare un senso al caos scoppiato dentro ed intorno a lei.

Questo qualcosa di “eccentrico e folle” si è rivelata un’opera d’arte di oltre 800 scene dipinte in un anno (1941-42) arricchite da dialoghi, soliloqui, riferimenti musicali, quasi una scenografia suddivisa in atti e scene dal titolo “Vita? O Teatro? Un’ opera”

La giovinezza

Figlia del medico ebreo Albert Salomon e dell’infermiera Franze Grunwald nacque il 16 aprile 1917, fu chiamata Charlotte in onore della zia, sorella della mamma, morta suicida.

La vita coniugale dei genitori entrò presto in crisi. Sua madre cadde in una cupa depressione, e all’età di nove anni Charlotte affrontò la sua tragica scomparsa . Le dissero che la causa era stata una brutta influenza, risparmiandole la realtà di un salto dalla finestra del terzo piano.

Questo e altri suicidi nella sua famiglia materna le furono tenuti nascosti per molto tempo.

Il padre si risposò nel 1930 con una famosa cantante lirica ebrea Paula Lindberg e la vita riprese il suo corso normale. Fu proprio Paula ad introdurre Lotte nel mondo della cultura e della musica berlinese.

Nel 1933 con l’ascesa al potere del nazismo, il padre di Lotte perse il lavoro e Paula Lindberg dovette smettere la sua carriera operistica. Tuttavia Charlotte nel 1936 fu ammessa alla State Art Academy di Berlino dove solo l’1,5% degli allievi era ebreo.

Durante gli anni trascorsi all’Accademia ricevette un’ educazione convenzionale, probabilmente ebbe anche modo di osservare l’arte moderna alla mostra che i nazisti le dedicarono con il titolo di Arte Degenerata dove furono esposti, tra gli altri, quadri di Chagall, Klee, Kirchner, Kandinsky.

Non dimenticare mai…io e te
L’amore

In quegli anni Charlotte conobbe Alfred Wolfsohn, il vocal coach di Paula, e se ne innamorò. Alfred, musicista ebreo ed ex militare reduce dalla prima guerra mondiale, aveva trovato nel canto la terapia per sanare i traumi della guerra. Con lui Charlotte scoprì la gioia dell’amore e le sue delusioni. Alfred l’affascinò, forse la amò,e alla fine l’abbandonò. Quello che le rimase fu la capacità di vedere nell’arte una sorta di medicina in grado di guarirla e di accompagnarla nella sua esistenza.

Kristallnacht

Nel 1938 con la “notte dei cristalli” il mondo di Charlotte andò definitivamente in pezzi

Il padre fu arrestato, Lotte fu allontanata da Berlino e andò nel sud della Francia dai nonni materni dove l’attende l’epilogo della sua tragedia.

Nel 1940 assiste al suicidio della nonna e in quel frangente il nonno le racconterà del “male oscuro” che aveva segnato tre generazioni della sua famiglia con sette suicidi, compreso quella della madre, che fino ad allora lei credeva morta per un’influenza.

Charlotte trovò nella pittura il modo per affrontare e sconfiggere un destino che sembrava già scritto per lei:

” Dio non farmi impazzire”

A suo padre e alla matrigna rifugiati ad Amsterdam scrisse :

“Creerò una storia per non perdere la testa”

In poco più di un anno (1941-1942) in una sorta di frenesia creativa dipinse il suo diario, la sua memoria, la sua storia individuale all’interno di una tragedia collettiva.

Utilizzò la tecnica del “gouache” (1)

i dipinti hanno la dimensione di un quaderno, i colori usati principalmente sono il rosso il blu e il giallo, che scuriscono sempre di più quando il racconto si fa doloroso.

Leben? oder Theater?: Ein Singspiel
(Vita? o Teatro? Un Singspiel (forma d’arte cantata e recitata)

In questa sua opera Charlotte Salomon riprese in maniera personale le spinte delle Avanguardie espressioniste d’inizio ‘900.

C’è l’ispirazione onirica dell’opera di Chagall, il blu delle donne chiuse in cerchio alla Matisse, donne dagli occhi tristi e la testa inclinata.

In uno dei pochi riferimenti visivi alla tragedia tedesca illustrerà la sfilata nazista del 30 gennaio 1930 rappresentando file di camicie brune senza faccia, immerse in striature di fango marrone, con la svastica sulla bandiera messa capovolta.

Molte scene rappresentate hanno un fumetto, una frase che le accompagna in forma narrativa o poetica in una sorta di romanzo grafico.

Quasi ogni gouache ha un riferimento musicale, ha un’aria d’opera , un lied, un brano popolare che Charlotte canticchiava quando disegnava e che trovava più adatto alla scena. Troviamo brani di Carl Maria von Weber, Schubert, Gluck fino alla “Carmen” di Bizet e a “Ich bin die fesche Lola” di Marlene Dietrich.

Charlotte è la sceneggiatrice e la direttrice d’orchestra dell’opera. Si intravedono anche tecniche cinematografiche che in quegli anni si sviluppavano insieme alle pellicole a colori: primi piani, visualizzazioni dall’alto, particolari angoli di vedute, campi allargati.

Con un’eccellente proprietà e ampiezza di mezzi espressivi la giovane Charlotte parla della sua vita di ragazza, del mare, dell’amore, del dramma della sua famiglia, dell’orrore del nazismo, della condizione di esule, della paura, dell’addio.

L’epilogo

Nel 1942 cerca rifugio a Nizza dove si trasferirà con un altro esule ebreo Alexander Nagler. Rimasta incinta si sposarono il 17 giugno 1943.

Prima di trasferirsi, capendo che la furia nazista stava per travolgerla, completò il suo lavoro, numerò le pagine e lo affidò ad amici fidati.

il 24 settembre Charlotte ed il marito furono arrestati dai nazisti e spediti ad Auschwitz il 7 ottobre con il trasporto n. 60.

Charlotte venne uccisa al suo arrivo nel lager, sorte che spettava alle donne incinte.

Alexander morì di lì a poco.

La sua opera, la “sua intera vita” fu consegnata qualche tempo dopo al padre che la donò al Museo di Storia Ebraica di Amsterdam.

“La guerra imprerversava e mi sedetti in fondo al mare e vidi in profondità nel cuore dell’umanità”

Nell’ultima pagina si disegna in riva al mare, la schiena rivolta al passato:

“…per guarire devo svanire dal piano umano e fare ogni sacrificio per ricreare…”

N.B.: ringrazio la “collega di avventura” Gabriella Broglino e la prof.ssa Donatella Ponti per l’aiuto datomi nella traduzione dei testi scritti da Charlotte .

Ho preparato una breve presentazione da sfogliare che troverete a questo link https://incursioni.altervista.org/wp-content/uploads/2021/05/Presentazione-1.pdf

(1) Il guazzo, noto anche nella forma francese gouache, è un tipo di colore a tempera reso più pesante e opaco con l’aggiunta di un pigmento bianco (per esempio biacca o gesso) mescolato con la gomma arabica (un tempo era preferita la gomma adragante). Il risultato è appunto un colore più coprente e più opaco rispetto al normale colore a tempera.(wikipedia)