Mario Puccini…l’unghia del leone

“Una rivelazione le cose di Mario Puccini, un selvaggio pittore di Livorno allievo del Fattori: ha circa 50 anni. E’ un Van Gogh involontario: fortissimo, tu vedessi che colori, tu vedessi che fiere, che paesi, che mari, che barche in porto, ammassate, catramose…”

così scriveva il critico d’arte Emilio Cecchi in una lettera nel 1913.

Puccini – Vapore nel porto
Rapide pennellate cariche di colore corposo, inquadratura ardita, dal basso verso l’alto; il mare increspato si colora di riflessi cangianti

Un altro sottile filo lega Mario Puccini a Van Gogh: la malattia mentale ed il ricovero in un ospedale psichiatrico. Il pittore italiano fu ricoverato nel “manicomio” di Siena a 24 anni e vi rimase per quasi cinque anni.

Gli inizi

Mario Puccini nasce a Livorno il 28 giugno 1869, quinto di sei figli, figlio di un fornaio che in seguito gestirà la trattoria “La Boheme” nel centro della città.

Mario Puccini – Autoritratto

Già dall’adolescenza manifesta capacità pittoriche che lo metteranno in contrasto con il padre che lo voleva come aiutante nel forno.

Tuttavia finiti i normali corsi di studi nel 1884 il giovane Mario ottiene dal padre il permesso di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Firenze frequentando i corsi di Giovanni Fattori ed entrando in contatto con l’ambiente artistico dei “macchiaioli”.

Fece amicizia con artisti come Nomellini, e Pellizza da Volpedo, si confrontò con i lavori di Silvestro Lega, in un universo storico ed artistico che contribuì alla formazione iniziale di Puccini.

I suoi primi lavori risentono dell’influenza del maestro Fattori che resterà sempre una figura di riferimento per Puccini che tuttavia saprà andare oltre i suoi insegnamenti.

Esordisce nel 1889 in esposizioni pubbliche come ritrattista e nel 1890 consegue il diploma dell’ Accademia ottenendo anche l’abilitazione all’insegnamento del disegno.

Mario Puccini – Ritratto di Emanuele Rosselli
Mario Puccini – Bambina che prega

Ma a questo punto inizia per Puccini un percorso doloroso che lo porta verso una cupa depressione, forse anche aggravata da una delusione amorosa.

Gli anni dell’internamento

Nel 1893 su volere della famiglia che non riesce ad aiutarlo a sollevarsi da questo tracollo psicologico viene prima ricoverato nell’ospedale di Livorno ed in seguito, il 4 febbraio 1894, nell’ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena.

Nel profilo della sua cartella clinica si legge inizialmente di alcune sue manie di persecuzioni “diceva di essere affiliato a un non ben precisato partito politico, di temere gli anarchici che lo stavano perseguitando”.

Ma negli anni queste idee spariscono e lasciano il posto soprattutto ad atteggiamenti depressivi, abulici che neanche la possibilità che gli viene data di dipingere pare aiutare a superare.

Qualche miglioramento si ha quando il padre, che lo ha sempre sostenuto economicamente, lo fa trasferire nel reparto dei “rettanti”, ma nulla che fece dire ai medici che Puccini era sulla via della guarigione.

Dopo quattro anni il 5 maggio 1898, su richiesta del padre, Puccini fu dimesso con la diagnosi di “demenza primitiva” ed affidato “non guarito” alla “custodia domestica”.

“Il risveglio intellettuale ha fatto pochi progressi….il malato nei discorsi e negli atti si dimostra debole di riflessione…”

Del periodo che va dall’uscita dal manicomio fino al 1906 si hanno poche notizie, almeno dal punto di vista artistico.

Una nuova creatività artistica

In quegli anni Puccini, ormai trentenne, inizia ad aiutare il padre nella trattoria “La Boheme” , non riesce ad emanciparsi dalla “bolla” della famiglia, fa fatica a riprendere a dipingere, sicuramente deve affrontare un blocco non solo artistico, ma sicuramente emotivo.

Nel 1901 perde la madre, nel 1906 muore il padre: ora Mario deve forzatamente fare la sua scelta di vita.

E sceglierà la pittura con il sostegno degli amici artisti Plinio Nomellini e Oscar Ghiglia. Saranno anni difficili, si guadagnerà da vivere costruendo aquiloni e marionette, cifre e ornati per le ricamatrici, insegne per i negozi.

Ma riprenderà a dipingere, nonostante le precarie condizioni economiche che lo costringono ad usare l’olio delle scatole di sardine per mescolare i colori.

Mario Puccini – Il Ponte

Riuscirà a riappropriarsi del proprio talento che si era solo assopito, lo farà con piena autonomia artistica completamente mutata rispetto agli anni prima del ricovero.

Mario Puccini – Vele al sole

L’attenzione di Puccini si allargherà al paesaggio, al mondo rurale, alla vita quotidiana della gente della sua Livorno.

Puccini – La Fascinaia
Qui il paesaggio occupa gran parte del dipinto, lasciando in alto solo una striscia di cielo percorso da nuvole. Lo spazio è reso con brevi e svelte pennellate, con colori non accesi e in forte contrasto tra loro, come tipico di Puccini, bensì dell’ampia gamma dal marrone al verde.

Ora la sua pittura è dominata da pennellate libere e forti cromatismi, c’è un uso emotivo ed istintivo del colore che va oltre la derivazione macchiaiola, pur presente.

Mario Puccini – Il Fenaiolo

Il pittore inizierà a frequentare il Bar Bardi di piazza Cavour, ritrovo degli artisti livornesi, che concorrerà a decorare con dipinti e carboncini.

Puccini – Il Lazzaretto di Livorno (Torre Medicea)
Verso il successo

Le sue opere inizieranno ad interessare critici e collezionisti d’arte anche provenienti da Firenze che inizieranno ad acquistare i suoi quadri:

“Gustavo Sforni prende l’automobile e va a Livorno con Ghiglia per conoscere quel pittore così originale, così veramente pittore”

ricorda l’amico scrittore Llewelyn Lloyd nel suo libro “Tempi Andati”

Un confronto con il panorama europeo della pittura sicuramente lo ebbe alla Prima Mostra fiorentina dell’Impressionismo che si svolse a Firenze nel 1910 e che vedeva esposte opere di Van Gogh, Cezanne e Gaugin.

Mario Puccini – I Funaioli
Campiture di colore acceso, realizzate con rapide pennellate minute nel prato in primo piano e ampie nel cielo, costruiscono un paesaggio dominato dai toni dell’azzurro, rosso-bruno e verde e animato dalle figurine nere di tre funaioli 

Nel 1911 fu invitato dal collezionista fiorentino Sforni a visionare alcuni dipinti acquistati in Francia, fra questi c’era il primo Van Gogh arrivato in Italia “Il Giardiniere“.

Van Gogh – Il Giardiniere

Di questa visita esiste una gustosa descrizione sempre di L. Lloyd:

“Avendo Sforni da sbrigare non so quale cosa…..incaricò me di fare da guida a Puccini… che poco interesse prendeva per le opere altrui. Egli aveva la sua arte, non amava discutere, amava lavorare, fare da sé un muto misterioso colloquio con la Natura…Quando Sforni ci raggiunse desiderò fargli vedere l’opera di Van Gogh ed alcune fotografie di lavori di Cezanne….io lo guardavo (il Puccini)…si annoiava…Non vengano i critici d’oggi e futuri a sentenziare che Puccini derivò dalla pittura francese. Di Puccini può dirsi soltanto, senza che lui lo avesse mai visto o sentito mentovare, ma per certe affinità, il Van Gogh livornese…”

Tuttavia è probabile che Puccini in alcuni suoi viaggi a Digne a casa di un fratello, fra il 1910 ed il 1912, sia stato influenzato in qualche modo dai nuovi orizzonti dell’arte francese.

La sua tavolozza, per quelle poche opere rimaste di quegli anni, appare più chiara, con tonalità meno accese e, vezzo curioso, in qualche opera, si firmerà “M. Pochein”.

Puccini – Campagna a Digne – 1912

Piano piano la situazione economica di Puccini migliorò. Al di là dei viaggi a Digne l’artista si allontanò raramente da Livorno. Ma percorse coste e campagne della Toscana per trarre ispirazione per la sua pittura sempre più colorista nella stesura delle tipiche tematiche di barconi in ormeggio, paesaggi, angoli di paese, la sua amata Torre Medicea che dipingerà in varie angolazioni e sfumature di luce.

La Torre Medicea
Puccini – Barcaioli
Gli ultimi anni

Ma nell’opera di Puccini non manca l’umanità che lui vede tutti i giorni al porto, nei “fossi” della “Piccola Venezia”, nei campi della campagna livornese: un’umanità semplice, silenziosa, antieroica.

Dipingerà molte opere, parteciperà a molte esposizioni.

Il suo febbrile lavoro che lo porta a dipingere soprattutto all’aria aperta, anche in condizioni atmosferiche avverse, peggiorò il suo stato di salute già precario.

Puccini – La Metallurgica

Nel 1920 un’infezione polmonare lo costrinse al ricovero nell’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, dove morì il 18 giugno 1920.

Dopo la sua morte il ricordo di questo artista piano piano si perse, la critica successiva non vide nella sua opera, che si avvicinava istintivamente a soluzioni d’avanguardia, quella ricerca intellettuale che in certo qual modo pareva dare più visibilità ad alcuni artisti piuttosto che ad altri.

Inoltre il fatto che molte sue opere appartengano a collezioni private (Il Museo Fattori di Livorno espone solo tre quadri) ha reso difficile la loro esposizione al pubblico.

In questo periodo (dal 2 luglio al 19 settembre) la Città di Livorno celebra il suo pittore in una mostra allestita al Museo della Città. Sono presentate opere di Puccini, molte delle quali poco conosciute o addirittura inedite, in un dialogo espositivo con altri lavori dell’ambiente artistico fiorentino rappresentato da Giovanni Fattori e Silvestro Lega (un totale di circa 140 opere)

L’unghia del leone…

Termino questo articolo con un aneddoto curioso tratto da alcuni documenti presenti nell’archivio dell’ospedale psichiatrico San Niccolò e che qui riporto.

Siamo nel 1931 e l’allora direttore dell’Ospedale ritrova un disegno di Puccini, ma non sapendo capirne il valore e quindi se valesse la pena di incorniciarlo ed esporlo in studio, chiese un parere al responsabile della Regia Soprintendenza all’Arte Medievale e Moderna per la Toscana, il critico Peleo Bacci:

Questa fu la risposta:

pare eseguito un po’ accademicamente ed in condizioni psichiche anormali, rivela tuttavia l’unghia del leone. Merita di essere messo in cornice ed inserito nel suo studio”