Suzanne Valadon

In cima alla collina di Montmartre, defilata rispetto a place du Tertre, in rue Cortot 12, ora sede del Museo di Montmartre, si trovava lo studio di Susanne Valadon.

Renoir – Dans à la ville – 1893

Era il 1920 quando la pittrice chiese “Mi riconosci?” ad un giornalista che, mentre la intervistava, ammirava una riproduzione di un quadro di Renoir appeso nello studio.

“La donna che balla e sorride fra le braccia dell’uomo sono io” si riferiva al quadro Dance à la ville del 1983.

Marie-Clementine Valadon aveva appena 15 anni quando divenne modella e musa dei più famosi pittori di Montmartre.

Fisico sottile, occhi blue e capelli rossi, un po’ elfa un po’ scugnizza, ha incarnato lo spirito ribelle delle strade di Montmartre.

“Quelle stradine erano la mia casa, solo lì scoprivi l’eccitazione, l’amore e le idee che gli altri bambini trovavano intorno ai loro tavoli da pranzo…”

La “butte de Montmartre”

Marie-Clementine Valadon nasce nel 1865 da una giovane lavandaia nel villaggio di Bessines sur Gartempe (una trentina di chilometri da Limoges).

Madre e figlia giunsero a Parigi proprio a ridosso del periodo della grande ristrutturazione urbana voluta da Napoleone III ed effettuata dal prefetto Haussmann. Questa “rivoluzione edilizia” (i grandi boulevards, i parchi, le nuove eleganti residenze abitative) aveva creato “il salotto buono” per la nuova borghesia imprenditoriale parigina.

Ma aveva spinto inevitabilmente verso quartieri più degradati non solo le classi più povere e i nuovi immigrati, ma anche molti giovani artisti che trovarono in Montmartre la possibilità di affittare a poco prezzo laboratori e ateliers.

Ben presto la “butte” divenne il centro della vita artistica e notturna non solo per i pittori ma anche per scrittori e poeti che si ritrovavano la sera nei molti Cafè per ridere, discutere, bere e parlare d’arte.

La giovane Marie-Clementine si ritrovò così a vivere in un ambiente stimolante e non convenzionale, che divenne in breve un ritrovo popolare per il divertimento notturno.

Marie-Clementine
Le rendez-vous mondain de la Belle Époque

Crebbe fra quelle stradine, dove si ritrovava con gli altri ragazzi per correre e giocare, disegnare con gessetti sui muri e lanciarsi in piccole acrobazie, un’ abilità che la portò per qualche tempo ad esibirsi come equilibrista per il Cirque Molier, ma che dovette abbandonare dopo una brutta caduta.

Fece mille lavoretti (pasticcera, fioraia, sarta) un po’ per aiutare la madre, un po’ per racimolare qualche spicciolo e spenderlo in libertà. La scuola non era per lei, fu sovente espulsa e quasi sicuramente non terminò alcun tipo di studi.

Le piaceva disegnare, questo si. Disegnava schizzi a carboncino prendendo spunto dalla vita vibrante che le ruotava intorno: ragazzini in strada, donne e uomini socialmente emarginati nella loro precarietà economica, Ma quella ragazzina con la sua bellezza ed il suo corpo esile ed aggraziato non poteva non attirare l’ attenzione dei pittori che erano sempre alla ricerca di modelle a buon mercato.

Pierre Puvis de Chavannes (“Il maestro di tutti noi” così lo definì Van Gogh) fu colui che la iniziò al lavoro di modella e che la presentò ad altri artisti come Renoir, Toulouse Lautrec, Degas.

Di alcuni di loro ne divenne l’amante.

Sono molti i suoi ritratti e i quadri in cui è presente

Renoir – Ritratto
Renoir – Dance à la Bougiville

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Toulouse Lautrec – Ritratto
Puvis de Chavannes – Le Bois sacré cher aux arts at aux muses

“…restare in posa era un lavoro faticoso sia fisicamente sia mentalmente, i pittori ti chiedevano di dar loro un movimento, un gesto, un’ ispirazione…”

Marie-Clementine posava per questi artisti e intanto con una serietà nuova per lei imparava dai “suoi” pittori la tecnica , l’uso ricco dei colori, la nuova libertà nella scelta dei soggetti.

Toulouse Lautrec fu il suo confidente più vicino e fu anche colui che vide una certa similitudine fra la giovane modella, amante di uomini più anziani di lei, e l’eroina biblica la cui vicenda ispirò molti pittori: “Susanna e i vecchioni” (Tintoretto, Veronese, Gentileschi fra gli altri)

Marie-Clementine, giovane modella e aspirante artista, si trasformò in Suzanne.

Ma prima, il 26 dicembre 1883, all’età di 18 anni, diede alla luce il suo unico figlio Maurice.

“…non sapevo se quell’esserino era opera di Puvis de Chavannes o di Renoir…”

Crescere quel figlio sarebbe diventato per Suzanne la sua più grande battaglia, né vinta né persa

Nel 1891 il pittore spagnolo Miguel Utrillo assunse generosamente la paternità legale di quel bambino che diventerà negli anni il pittore che oggi tutti conosciamo Maurice Utrillo.

Ritratto del figlio Maurice
Essere Suzanne

Quando Toulouse Lautrec e Renoir videro alcuni disegni fatti da lei l’apostrofarono: ” Anche tu? E perché li nascondi?” Degas fu il primo acquirente di un suo lavoro con i pastelli: “Quel giorno avevo le ali!” disse Suzanne.

Edgar Degas divenne il suo sostenitore: “Di tanto in tanto guardo il tuo lavoro con i pastelli rossi che ho appeso in camera e penso – diavolo! quella ragazza ha il genio della pittura, è una di noi!”

Al contrario di altre pittrici dell’ epoca, Berthe Morisot o Mary Cassat, che dipingevano la vita della Parigi benestante di cui facevano parte, Suzanne diede visibilità all’ umanità che lei conosceva, privilegiando quel vibrante universo femminile che ruotava intorno a lei, dando spazio ad un nuovo moderno approccio al nudo.

Le sue donne hanno corpi robusti contornati da linee spesse, forme generose, qualche volta anche decadenti, come forse solo una donna può rappresentare.

Non c’è idealizzazione, le sue donne sono ritratte nella loro intimità e complicità, gli atteggiamenti, spesso irriverenti e sfrontati, sono genuini, mai provocanti.

Ma soprattutto sono lo specchio della grande e spontanea vitalità coloristica della pittura di Suzanne Valadon. Non era impressionista o fauve o espressionista, semplicemente dipingeva quello che conosceva, quel mondo vorticoso e bohémienne che lei visse in assoluta libertà senza freni, limiti o rimpianti, nel bene e nel male.

Il successo

Con il supporto di Degas che la soprannominò “la terrible Marie”, Suzanne acquistò fiducia nei suoi mezzi e, prima donna in assoluto, espose nel 1894 alla mostra della Societé Nationale des Beaux-Arts, rompendo le rigide regole che fino ad allora avevano tenuto lontano il mondo femminile dalle esposizioni.

Nel 1912 partecipò al Salon des Indépendants e nel 1919 al Salon d’Automne.

Sempre con il supporto di Degas, si cimentò anche con altre tecniche pittoriche utilizzando i pastelli, la matita per arrivare anche alle incisioni, tecnica solitamente riservata ad esperti disegnatori.

Tecnica a pastelli

In questa acquaforte del 1895 la Valadon usa il pennino come una matita, creando linee continue e zone d’ombra
Incisione a “puntasecca” del 1908. Si utilizza il pennino incidendo linee su una lastra di metallo preparata con un fondo di cera. La Valadon sfrutta al meglio questa caratteristica che le permette di descrivere le figure con linee sottili o spesse, leggere o pesanti, dando movimento alla rappresentazione

A 31 anni Suzanne sposò un ricco agente di cambio, che diede a lei e a suo figlio una stabilità economica fino ad allora sconosciuta.

Si spostarono in un quartiere più elegante e il marito le affittò lo studio in rue de Cortot che condivise con il figlio che lei avviò alla pittura come attività curativa su consiglio del medico.

Maurice dovette combattere per tutta la vita con problemi di salute fisica e psichica.

Crebbe alcolista (la nonna, che lo seguiva da bambino mentre Suzanne dipingeva o aveva le sedute come modella, sovente gli dava da bere del vino per stemperare i momenti di pianto o di nervosismo).

Da adulto entrava ed usciva dagli ospedali psichiatrici segno di un disagio con il quale dovette convivere per tutta la sua lunga vita e che penso possa essere condensato nella decisione di firmare i suoi quadri sempre come Maurice V.

Gli ultimi anni

Le ci vollero 13 anni di vita “borghese” per decidere che era il momento di ritornare indietro, ai tempi delle decisioni pazze, della piena libertà, della ribellione anche alla pittura che in quegli anni di “agiatezza” si era trasformata in “pittura di interni”.

Lasciò il marito per sposare un pittore amico del figlio, André Utter di 23 anni più giovane di lei:

…lei sembra danzare non camminare, è qualcosa fra un’ amazzone ed una fata…”

così la descrisse il giovane marito che lei, contro ogni convenzione, dipinse nudo più volte, rara presenza maschile nei suoi quadri.

“La trinité maudite” così vennero soprannominati dagli amici di Montmartre, per i loro continui eccessi fra alcol e assenzio.

Suzanne, Maurice e André nello studio di rue Cortot

Ma il rapporto durò e lei riprese a dipingere le sue donne, il suo vero mondo.

Nel 1932 fece la sua ultima esposizione alla Galleria Georges Petit

Family portrait – 1912 – La famiglia Valadon, ognuno con un suo atteggiamento: Andrè guarda fuori dal quadro confidando in un un nuovo futuro, Magdeleine, la madre della pittrice, la vediamo rassegnata e stanca, Maurice ci appare miserabile, fragile e melanconico. Solo Suzanne ci guarda con un atteggiamento di pudicizia che ci sorprende

Morì due anni dopo a 73 anni mentre dipingeva: al funerale partecipò tutta Montmartre.

In questi ultimi anni i suoi lavori vengono sovente esposti nelle mostre dedicate a Modigliani, come è avvenuto recentemente a Livorno in occasione del centenario della morte di Modì.

“…voglio essere amata dagli uomini che non mi hanno mai vista, che rimarranno a sognare davanti un quadrato di tela, dove con i miei colori avrò lasciato un po’ della mia anima…”