Tra mostre, pittori e collezionisti

Ad Ottobre del 2019 sono andato a Padova per vedere un po’ di opere di pittori impressionisti appartenenti alla collezione di Andrew Mellon .

Questo magnate, insieme a sua moglie, passava il tempo ad acquistare quadri in giro per l’Europa per i salotti ( al plurale) di casa sua . La mostra l’ho trovata interessante e con lavori di un certo rilievo. Tra i tanti Manet, Gauguin, Degas e Rousseau il doganiere.

Quest’ultimo è uno dei pittori a cui più sono affezionato.

Russeau dormiva con colori e pennelli vicini al letto, diceva che così quando sognava qualcosa di particolare aveva la possibilità di metterlo su tela al risveglio. Questa cosa mi è venuta in mente quando ho letto che al signor Mellon non interessava nulla della vita degli artisti. Quello che lo intrigava era il volto. Per lui questo era l’unica cosa interessante, tanto da fargli decidere se poteva essere uno con cui dividere una birra.

Ora, io credo che un volto è la sintesi del percorso di una vita. Lo sono le sue rughe così come l’espressione degli occhi. Questi due elementi sono il riflesso delle esperienze fatte, del vissuto, delle gioie e dei dolori. Variano a seconda delle stagioni di ognuno di noi e del percorso che fa. Il volto di Gauguin prima della esperienza a Tahiti è diverso da quello dell’uomo segnato più avanti, in perenne difficoltà economica per tirare a campare.

Modigliani di Livorno è diverso dall’uomo che si perse a Parigi rincorrendo i suoi sogni.

La vita, con la sua durezza in molti casi determina il rapporto con l’opera che viene fuori in quel preciso momento.

L’ Impressionismo da molti è considerato come una corrente pittorica che si è limitata a rivoluzionare tecnica e rappresentazione dei soggetti, senza andare al di là.

Qualcosa che, pur rigettando l’arte classica, è apprezzato in funzione dell’emozione data dall’uso dei colori e dai soggetti ritratti.

Soggetti che hanno prodotto un cambiamento epocale nella società con l’affermazione di nuove classi sociali ritratte nella loro quotidianità.

E’ triste immaginare qualcuno che acquista un quadro senza interrogarsi cosa c’è dietro la vita e le esperienze di un artista.

La tappa successiva è stata la mostra dedicata a Modigliani a Livorno, in occasione della ricorrenza dei 100 anni dalla sua morte. Nell’approfondire quanto artisticamente si muoveva da quelle parti mi sono imbattuto in Lorenzo Viani.

Lorenzo Viani (Viareggio 1882, Lido di Ostia 1936)

Di lui consiglio tra i tanti lavori tre opere, la prima si intitola funerale anarchico, la seconda il folle e la terza amanti anarchici.

-Amanti anarchici-

Sono tre quadri di una forza espressiva senza pari. Non a caso è annoverato come uno dei più dotati tra gli espressionisti Italiani. La sua biografia all’inizio della sua vita artistica ce lo racconta come anarchico e ribelle :

“Quando il padre fu licenziato dal servizio, la famiglia Viani conobbe la miseria, condizione umana che non era sconosciuta al giovane Lorenzo

Nel 1893 fu messo a lavorare nella bottega del barbiere Fortunato Primo Puccini, dove restò come garzone per diversi anni, lì incontra personaggi di primo piano, come Leonida BissolatiAndrea CostaMenotti GaribaldiGiacomo PucciniGabriele D’Annunzio e conosce il pittore Plinio Nomellini, che ebbe un’influenza positiva nella maturazione artistica del ragazzo. Incomincia a disegnare con crescente interesse e un ritratto del musicista Giovanni Pacini attira l’attenzione dei viareggini. Intraprende i suoi primi viaggi esplorativi a Pisa e a Lucca.

In Versilia e in altre località italiane la lotta di classe si fa sempre più aperta: folle esagitate, precedute da bandiere nere, invadono le piazze dei paesi, stazionano davanti ai forni, frantumano le vetrine. L’incontro con il sociologo Pietro Gori e i frequenti contatti con i socialisti Vico Fiaschi e Luigi Salvatori decidono la definitiva adesione di Viani all’anarchia. Talvolta il giovane dorme sulle pietre del molo o passa le notti al “Casone“, ritrovo abituale di vagabondi, di ricercati e di liberi pensatori” fonte Wikipedia

Dopo la prima guerra mondiale Viani in qualche modo cambia la sua visione della società. Il fascismo lo vede tra i suoi sostenitori. I vecchi ideali vengono sostituiti da quello che c’è di nuovo nella società. Fino al momento in cui il vecchio ed il nuovo Viani non entrano in contraddizione : ”  Nei primi mesi del 1934, in un breve miglioramento della malattia, ritorna a manifestare i mai sopiti sentimenti anarchici, destando l’irritazione dei fasci locali e rinunciando ad una sua grande aspirazione come l’onorificenza dell’Accademia d’Italia”

Torno per un attimo ad Andrew Mellon, il suo bere una birra osservando il volto di qualcuno, per pensare che slegare un artista dal suo vissuto può produrre una visione alterata del suo messaggio e delle sue opere. C’è il rischio di dimensionare un’opera solo in relazione a quanto può essere adatta ad un ambiente come ornamento facendone morire l’anima.

Mario Paravano