Ukiyo-e : un nuovo linguaggio estetico

L’Ukiyo-e rappresenta uno specifico stile d’arte tipico giapponese; cerca di stabilire alcuni punti di contatto fra le espressioni culturali, artistiche e teatrali (Kabuki “ il teatro nuovo”) nel Giappone del periodo Edo (XVII – XIX secolo), favorendone l’ apertura sul mondo reale, del quotidiano.

L’Ukiyo-e in particolare è un genere di stampa giapponese su carta, impressa su matrici di legno; Ukiyo-e significa immagini del “mondo fluttuante” (o anche immagini del mondo galleggiante).

Tale termine viene utilizzato per la prima volta in uno scritto di Asai Ryoi nel 1661, volendo esprimere il concetto buddhista della caducità e provvisorietà del mondo visibile velandolo di malinconia poetica.

È un tipo d’espressione artistica che viene creato per essere parte della vita quotidiana della gente comune, affinché anche le classi sociali inferiori possano intravedere luoghi o paesaggi lontani, o semplicemente osservare scene di vita ordinaria, ammirare ritratti realistici o satirici di personaggi conosciuti, in modo da avvicinarsi, e magari trarne beneficio, a una esperienza intellettuale diversa.

Il procedimento per creare un Ukiyo-e originariamente era il seguente:

  • L’artista disegnava la composizione decorativa base su un foglio di carta con semplice inchiostro.
  • Un suo assistente specializzato aveva l’incarico di ricalcare l’originale, passando successivamente agli incisori la traccia segnata. A questo punto la procedura diventava abbastanza complessa in quanto si doveva creare una linea diversa per ogni colore che si sarebbe utilizzato per la stampa.
  • Successivamente gli incisori incollavano su delle tavole di legno di ciliegio, i fogli con le tracce a faccia in giù, dopodiché veniva scavata via la parte di foglio non colorata, creando in tal modo una specie di grande timbro con le linee del disegno in rilievo (spesso sottili come un capello).
  • Le tavolette con i rilievi ottenuti venivano incollate su dei blocchi di legno.
  • I blocchi venivano inchiostrati e impressi su carta, avendo cura di rispettare diligentemente l’ordine dei colori. In questo modo ripetendo questa manovra più volte, si riusciva ad ottenere diverse copie molto simili una all’ altra della stessa creazione grafica.
  • Per far risaltare le sfumature, e dare una maggiore profondità e vivacità al disegno alcuni blocchi venivano inchiostrati più volte.

Questo genere di stampa rappresentava paesaggi, natura; esprimeva una nuova concezione della vita: una vita estemporanea che deve essere vissuta godendo dei piaceri che la stessa offre.

Anticamente gli Ukiyo-e non erano costosi, questo perché potevano essere prodotti da chiunque, soprattutto da persone non particolarmente ricche che, non potendosi permettere dipinti costosi e di valore, si accontentavano di creare per la propria casa gli Ukiyo-e.

Per buona parte i soggetti di queste tavolette erano la città, i quartieri, la vita quotidiana, attori, lottatori di sumo o belle cortigiane.

Le prime xilografie (1683) erano impresse soltanto in bianco e nero.

I primi artisti erano considerati maestri nella precisione del tratto e per la vitalità espressa nelle loro opere.

Nel corso degli anni, a partire dal 1745 – 1750 si inizia con le stampe a colori: usando il rosa, il verde si compiva già un notevole passo in avanti, poco più tardi si introdussero anche il giallo, il marrone e l’ocra, procedimento Urushi-e.

In seguito venne studiato ed elaborato un congegno Kento, che fissato nell’angolo delle tavole, bloccava il foglio di carta; questo, riportato con estrema precisione di legno in legno, poteva ricevere i diversi colori, permettendo a tutti i colori di essere impressi sulla medesima stampa con estrema accuratezza.

Poiché nel XVII secolo la tecnica della stampa aveva incominciato ad evolversi, nei decenni successivi gli artisti e scrittori potevano permettersi di creare stampe colorate che nel secolo successivo trovano una delle loro espressioni più alte nelle opere di artisti.

I più conosciuti fra questi sono Hokusai, Hiroshige, Kuniyoshi maestri che nell’ambito dell’Ukiyo-e creano opere che diventeranno famose nel mondo.

Molti degli artisti che lavoravano in quel periodo erano soliti spostarsi lungo l’antichissima strada del Tokaido o si avventuravano nelle campagne dove fattori colti e agiati li accoglievano manifestando loro un grandissimo interesse per le loro opere.

In un Paese “blindato” come il Giappone di quell’ epoca, tutto poteva essere un valido pretesto per viaggiare: visitare templi, luoghi naturali famosi come:

  • la cascata di Nashi (a Nachikatsuura) la più grande cascata verticale del Giappone,
  • il lago Biwa (nella prefettura di Shiga) prima noto come lago Omi, che è il più grande lago di acqua dolce del Giappone,
  • le rocce ad Ise (nella prefettura di Mie) dette “le rocce sposate” considerate ancora oggi sacre (per la religione shintoista), che sono unite da una shimenawa ovvero una spessa corda di fibre della pianta del riso.

Nel XIX secolo l’arcipelago nipponico diviene il mondo stesso e, in molti giapponesi nasce il desiderio di vedere con i propri occhi luoghi a loro sconosciuti.

Fu così che i tre artisti Hokusai, Hiroshige, Kuniyoshi in quell’epoca con l’apertura del Giappone verso l’Occidente e il contatto particolare con la nuova cultura e l’arte dei pittori olandesi incominciarono ad apprendere lo stile occidentale dei dipinti, studiandone lo stile e cercando di approfondire quelle nozioni sulla prospettiva che influenzeranno successivamente le loro opere.

La natura diventa il loro “atelier”

Katsushika Sori più conosciuto come Katsushika Hokusai (1760 – 1849).

La parola Hokusai (letteralmente “studio della stella polare”) è il nome d’arte che l’artista scelse per firmare le stampe da lui realizzate.

Pittore ed incisore giapponese (xilografia giapponese), fu conosciuto principalmente per le sue opere in stile Ukiyo-e.

E’ considerato uno dei più famosi artisti giapponesi e viene ritenuto uno dei più raffinati rappresentanti di questa scuola.

Fra le tante altre nel 1831 Hokusai ideò una serie di otto stampe sul tema delle cascate, che erano, e lo sono tutt’ora, oggetto di culto per i giapponesi in quanto si crede siano abitate dagli spiriti kami (divinità, spiriti soprannaturali) e per questo meta di pellegrinaggi.

La rappresentazione della cascata di Amida è celebre per lo stile realistico e simbolico allo stesso tempo della composizione che contrappone la caduta violenta dell’acqua al cratere sinuoso da cui sgorga. Su un lato tre viaggiatori siedono a mangiare in questo paesaggio dominato dalla natura.

Nella serie delle Trentasei vedute del Fuji ” (il monte-vulcano (3776 m.) più alto del Giappone, considerato una delle tre montagne sacre, venerato dai seguaci della religione Shintoista che contempla l’adorazione di Amaterasu la dea del Sole), è inclusa la stampa de “La grande onda”; questa è ritenuta una delle sue opere più famose, un vero capolavoro per l’ampia composizione e per l’osservazione e riproduzione attenta e dettagliata della schiuma di un’onda immensa che sta per infrangersi.

Per riuscire a definire i dettagli delle sue opere con la maggiore attenzione possibile, l’artista si reca ai piedi delle grandi cascate, e osserva il Monte Fuji in ogni stagione da ogni angolazione e con ogni tipo di luce naturale disponibile.

Nei quindici volumi “Mangwa” “Restituzione delle immagini vere” raccoglie migliaia di disegni che testimoniano un’avida curiosità per la natura che lo circonda, in particolare per le piante, gli animali, i ponti, i lottatori, i giochi dei bambini ed innumerevoli altre scene che fanno delle sue opere una vera opera d’ arte.

Il numero di disegni della raccolta “Mangwa” testimoniano la quasi ossessione di Hokusai di raffigurare tutti i volti di un Giappone che, ormai inesorabilmente sulla via dell’apertura all’Occidente, non potrà più essere uguale a prima.

In poco tempo proprio per la nuova apertura del paese agli stranieri e la curiosità degli artisti europei verso quei luoghi ancora sconosciuti, le opere di Hokusai influenzeranno artisti come Monet, Van Gogh e Gauguin nell’arte figurativa, e persino nella musica il celebre Debussy.

Da sottolineare una curiosità: i moderni manga (fumetti giapponesi) hanno avuto origine dai numerosi schizzi e bozzetti realizzati da Hokusai e pubblicati nel 1849, anno in cui morì.


Questa raccolta di disegni conosciuti col nome di “
Hokusai manga”
(schizzi sparsi di Hokusai), sono considerati gli antenati degli attuali fumetti nipponici.

Utagawa Hiroshige più conosciuto come Hiroshige (1797-1858)

E’ stato uno degli ultimi grandi artisti di questa disciplina artistica. Era stato allievo di Utagawa Toyohiro presso la scuola di Utagawa, pittore, incisore e calligrafo del periodo Tokugawa, conosciuto in particolare per le sue illustrazioni del volume “Genji Monogatari” un grande capolavoro della letteratura giapponese, scritto (nel 1008) da Murasaki-no-Shikibu, poetessa giapponese alla corte imperiale durante il periodo Heian, dama di corte dell’imperatrice Shoshi.

Hiroshige realizzò tra il 1833 e il 1834 le “Cinquantatre stazioni del Tokaido” una serie di xilografie policrome che sono una delle sue opere più significative. L’opera era stata commissionata da Tokugawa, il primo comandante dell’esercito, shogun del governo feudale giapponese.

Questo componimento artistico rappresenta un diario di viaggio dettagliato per immagini lungo la strada sulla costa di Tokaido (all’ epoca la principale via dei viaggi e del commercio sulla costa orientale del Giappone che collegava Edo, la capitale dello Shogun a Kyoto quella dell’ Imperatore).

L’opera terminata fu di cinquantacinque stampe: in una di queste, intitolata “La veduta di Hakone” (che raffigura il lago dove esisteva una delle postazioni di controllo dei viaggiatori che un tempo percorrevano l’antico Tokaido) si potrebbe ravvisare un dipinto che, nella sovrapposizione dei diversi piani, potrebbe essere considerato precursore dell’arte moderna.

Con la realizzazione di questo lavoro Hiroshige acquisì notevole reputazione divenendo uno dei paesaggisti più importanti della sua epoca.

In un’altra delle serie da lui realizzate, le “Cento vedute di Edo” (1857 circa) Hiroshige ritrae (xilografia nr. 91) il corso d’acqua del santuario di Akiba: notevole la delicatezza e l’atmosfera del paesaggio autunnale nel quale dei viaggiatori contemplano gli aceri seguendo un rituale che si ripete tutti gli anni in primavera durante la festa dei ciliegi.

Hiroshige era un amante della natura e con i suoi lavori rappresentò sia i siti più belli, che gli angoli forse meno conosciuti del suo Giappone; con una composizione a volte più astratta e con l’utilizzo del formato verticale, a quel tempo quasi mai utilizzato per i paesaggi.

Il suo stile influenzò certamente l’arte pittorica di quel tempo in Occidente, venendo anche lui tenuto in grande considerazione soprattutto dagli impressionisti, postimpressionisti, non ultimo certamente Van Gogh.

Utagawa Kuniyoshi (1798 – 1861)

Pittore e disegnatore giapponese che si colloca nella corrente artistica giapponese dell’Ukiyo-e.

Tra le varie sue xilografie, per arginare e uscire indenne dai limiti che la rigorosa censura in quel tempo imponeva sempre più in Giappone, per disegnare i suoi personaggi decise di utilizzare dei ritratti caricaturali e satirici, quali la “figura del gatto” (o quella dei “pesci rossi”) per trasmettere liberamente il suo pensiero.

Infatti in tutte le rappresentazioni o stampe o illustrazioni che venivano pubblicate in quel periodo, la censura bandiva tutti quegli oggetti che ostentavano il lusso e/o che avrebbero potuto mettere in pericolo la moralità dell’uomo.

Utagawa Kuniyoshi studiò uno stratagemma per ovviare a questa severa censura che, secondo lui, era troppo intransigente.

Le sue stampe svelano quel suo mondo divertente, umoristico, giocoso, illusionistico, come di un mondo parallelo e visionario che trova nelle caricature e nei giochi di ombre la sua massima espressione artistica.

Poiché amava particolarmente i gatti di cui si circondava in gran numero anche quando lavorava ai suoi dipinti, per poter mettere in ridicolo e canzonare o criticare personaggi importanti e famosi, attori, o geishe, militari o uomini politici del momento, aveva deciso di rappresentare tutti i personaggi da lui presi di mira con effigie di gatti aventi vagamente tratti umanizzati; questi ricordavano però i soggetti da lui criticati, riuscendo in questo modo a uscire indenne dai controlli dell’occhiuta censura.


I gatti divennero così i veri protagonisti delle sue stampe satiriche che rispecchiavano i vizi ed i piaceri della società di quel periodo.

Kuniyoshi viveva con cinquantatrè gatti, gli animali che amava di più, e si racconta come fosse sempre circondato da loro e perfino tenesse a casa un altarino, con relativa tavoletta funebre dedicato ai suoi amici felini defunti, tutti citati per nome, come si usa nella tradizione buddhista per ricordare i propri cari estinti.

Sebbene nell’ 800 Kuniyoshi fosse molto apprezzato, il suo nome non ebbe mai lo stesso riconoscimento dato agli altri maestri contemporanei dell’Ukiyo-e.

Ancora oggi l’artista continua ad affascinare e ad essere di attualità forse proprio per quella sua grande capacità di affrontare situazioni diverse, con quello stile arguto ed ironico che lo ha sempre contraddistinto.